citati al Martedì
una segnalazione di Roberto Martina:
Repubblica martedì 14.2.05 Pagina 53 - Cultura
Dopo i dubbi sul Limbo
ANCHE L´INFERNO NON SARÀ PIÙ COME UNA VOLTA
di M. Pol.
Gesù Bambino non è nato a Natale, il Limbo non c´è più, l´Inferno forse è vuoto, forse Gesù aveva sul serio dei fratelli e il Giudizio Universale non è più l´evento in cui si annuncia la sentenza ai morti usciti dalle tombe.
Procede inesorabile il processo di demitizzazione dell´immaginario del cristianesimo così come si è accumulato in duemila anni. La novità è che non sono più atei o eretici a mettere in discussione formule il cui rifiuto in altre stagioni avrebbe portato al rogo. Non sono nemmeno teologi critici, più o meno tollerati dalla gerarchia, a far scricchiolare l´armamentario tradizionale. È l´istituzione ecclesiastica a sottoporsi a un ripensamento, poiché la cultura dei contemporanei non si ritrova più nelle icone mitiche dell´antichità classica o della tradizione semitica mediorientale.
È stato papa Wojtyla a spiegare che il 25 dicembre negli anni dell´impero romano era la festa del Sole e che i primi cristiani hanno perciò scelto per imitazione di celebrare la nascita del Bambinello in quell´anniversario. Un atto anche politico - come sanno gli storici - perché all´epoca di Costantino, quando fu ufficializzata la religione cristiana, il giorno del Sole era la celebrazione della divinità suprema dell´impero.
Da tempo la rigorosa e ufficialissima Commissione teologica internazionale, aggregata alla Congregazione per la Dottrina della fede (l´ex Sant´Uffizio), sta ripensando il «luogo» chiamato Limbo. Inventata nel Medioevo per dare una dimora alle anime innocenti dei bambini non battezzati (e perciò macchiate dal peccato originale) e per accogliere i non cristiani riconosciuti «giusti», questo spazio speciale non soddisfa più nessuno. Superata dai documenti del Concilio Vaticano II, che riconoscono il rapporto diretto e misterioso che Dio può stabilire anche con coloro che non fanno parte della Chiesa.
Ma il lavorio del pensiero teologico si è spinto anche più in là. È pensabile che la «colpa finita» dell´uomo, anche il peccato più grave contro Dio, possa ricevere per contrappasso una «pena infinita», come l´eterna dannazione nell´Inferno? Alla fine dei tempi anche la Geenna non andrà svuotata per un atto d´amore del Dio che è Misericordia? La teologia è in cammino. Ratzinger, da teologo, ha affrontato la questione della verginità di Maria. «La divinità di Gesù», scrisse, «non verrebbe minimamente inficiata, quand´anche Gesù fosse nato da un normale matrimonio umano. No, perché la filiazione divina di cui parla la fede, non è un fatto biologico bensì ontologico».
M. Pol.
Repubblica martedì 14.2.05 Pagina 53 - Cultura
IL FUTURO DELL'ALDILÀ
Esce oggi il nuovo libro del cardinal Camillo Ruini: "Verità è libertà"
Dobbiamo ancora credere al Giudizio Universale? Secondo l'autore la teologia cristiana deve colmare un vuoto
Diventa infatti impropria e impossibile ogni interpretazione fisica della resurrezione come vuole la tradizione
ROMA. Dov´è finito il Giudizio Universale? Ci sarà ancora per i credenti quel momento grandioso che abbiamo visto in tanti affreschi, potenti e inquietanti, nelle chiese della nostra Europa? Si scopron le tombe, si levano i morti... E dalle tombe escono piangenti e atterriti i peccatori, lividi e nudi, incamminati verso le fiamme e i calderoni di pece e la sarabanda di diavoli che infilzano, squartano, sventrano. Mentre alla destra del Giudice Supremo si scorgono le fila mansuete dei beati salvati, in tunica bianca, pallidi e con un sorriso di sollievo e di gioia.
Affresco da lasciare senza fiato, visione di un futuro minaccioso e glorioso insieme, che ha dato la sua impronta possente a tutto il Medioevo e che incombe tuttora - opera di Michelangelo - nella Cappella Sistina dove i cardinali in conclave sono chiamati ad eleggere il Romano Pontefice.
Recita il Credo, che i cattolici ripetono ogni domenica nei cinque continenti, che il Cristo risorto siede alla destra del Padre «e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti».
Quel giudizio, che in tante raffigurazioni diventa un´icona travolgente di giustizia ed eguaglianza - quante corone, cappelli di prelato e triregni si vedono rotolare alla rinfusa nel terremoto dell´Ultimo Giorno - forse dovremo cancellarlo. Comunque sta entrando nella penombra del mistero e a ricordarcelo è l´ultimo libro del cardinal Ruini (Verità è libertà, Mondadori, pagg.128, euro 12) con un capitolo conclusivo a sorpresa, che suscita molti interrogativi sull´esistenza di un simile "atto finale" del mondo.
Dedicato al rapporto tra cristianesimo e società moderna, il libro ripercorre, come d´abitudine per il presidente della Cei, i temi del ruolo della Chiesa nell´Europa secolarizzata. Poi, però, culmina in un dialogo appassionato e intrigante con il filosofo Vittorio Possenti sull´Immortalità e la Resurrezione. Nota il cardinale che con la «fine della metafisica» nel pensiero del Novecento il discorso sulla morte è stato progressivamente marginalizzato. Per di più, data la gestione ospedaliera del trapasso, gli uomini e le donne contemporanei si trovano «particolarmente indifesi e senza risposte» dinanzi all´evento-morte. Proprio partendo da qui, si riaffaccia tuttavia, di fronte alle angosce del quotidiano e alla ricerca di un senso che vada al di là del presente, il discorso escatologico, la questione delle «cose ultime», l´interrogarsi sul traguardo finale del percorso di chi ha fede in Dio. In una parola: la speranza - e la promessa - della vita eterna.
Pungolato da Possenti, Ruini spiega che nella cultura contemporanea è richiesto uno sforzo nuovo al pensiero teologico per «mostrare la plausibilità della vita oltre la morte, ma anche per affrontare globalmente le problematiche antropologiche, affinché la promessa della vita eterna non appaia qualcosa di estraneo e alla fine incompatibile con la nostra effettiva realtà». Un lavoro arduo e sottile. La tradizione cristiana è segnata infatti dal retaggio e dagli influssi del pensiero platonico, improntati alla distinzione tra anima immortale e caducità del corpo, cui si contrappone la visione ebraica vetero- testamentaria che quest´anima staccata dal corpo non conosce, ma concepisce piuttosto l´essere umano nella sua integralità corporea e spirituale e quindi può immaginare solo una resurrezione tutta intera.
Nel Novecento è stata per prima la teologia protestante a fare un lavoro di scavo, rifiutando il concetto di un´anima separata dal corpo e specialmente l´idea di un´anima naturalmente immortale, in virtù di una sua intrinseca qualità «immateriale».
Ruini lo ammette. Racconta del rifiuto del «dualismo antropologico» da parte della teologia cattolica odierna e - quel che è più importante - anche da parte del magistero ecclesiale. «Si è abbastanza diffuso negli ultimi decenni», precisa, «il disagio nei confronti della dottrina tradizionale della sopravvivenza dell´anima separata dal corpo». Che cosa succede allora? Del Giudizio Universale il cardinale non parla più.
Insiste semmai sul fatto che l´escatologia cristiana non può essere concepita come una sorta di «reportage anticipato di eventi futuri». E non solo. La teologia contemporanea - aggiunge Ruini - non ha più avanzato proposte degne di rilievo su quello scarto di tempo che dovrebbe intercorrere tra la morte e la sentenza finale.
Perché era poi questo il senso dell´irrompere drammatico del suono delle trombe dell´Ultimo Giudizio: lo scoperchiarsi delle tombe e l´annuncio definitivo «ai vivi e ai morti» della sorte definitiva.
No, dice Ruini, non c´è differimento della beatitudine fino alla resurrezione dei morti. E indica come punto-chiave la costituzione Benedictus Deus di un predecessore omonimo di Ratzinger: papa Benedetto XII, anno 1336. Dove si «afferma in maniera chiara e non modificabile che subito dopo la morte i giusti conseguono il premio della visione di Dio (a parte l´eventuale necessità di una purificazione ultraterrena) e i dannati la pena eterna».
Giudizio Universale addio? Il Vicario del Papa per la città di Roma invita a misurarsi con il mistero e la verità ultima della salvezza, che proviene dall´unione che il credente realizza in Gesù Cristo: garanzia di vittoria sulla morte e di una resurrezione che coinvolge l´uomo nella sua integralità. Ma spostando in avanti la frontiera, si dissolvono i colori vivi con cui per venti secoli milioni di credenti si erano immaginati l´ora X attraverso la pittura, la poesia, la musica. Diventa «impropria e impossibile - parole di Ruini - ogni interpretazione "fisica" del modo di essere dell´uomo risorto e parimenti non sarebbero appropriate né logicamente sostenibili le speculazioni sullo spazio di tempo durante il quale i defunti in Cristo dovrebbero attendere la resurrezione dei loro corpi».
Nessun Michelangelo avrà più niente da dipingere.