mercoledì 31 marzo 2004

Pietro Citati e il terrorismo islamico

Repubblica 31.3.04

LE IDEE

L'Occidente senza forza e l'esercito del terrore

I TERRORISTI E LA FINE DELL´EUROPA

il cattivo genio della politica


Non ricordano in nulla i potenti della grande tradizione araba, i califfi di Bagdad e di Córdoba Sono figli della cultura occidentale

Osama bin Laden e compagni non sono dei "folli criminali", come vorrebbero le nostre autorità. Hanno invece un disegno ben preciso

Non so dove abitino i nichilisti di oggi se in Afghanistan o in Pakistan, a Milano o a New York: ma so che ridono di noi

Leonard e Virginia Woolf avevano preparato il veleno per uccidersi nel caso i nazisti avessero invaso l'Inghilterra

di PIETRO CITATI




QUANDO pensiamo ai terroristi che da quasi tre anni insanguinano l´America, l´Islam e l´Europa, li chiamiamo fondamentalisti religiosi. Pensiamo che in un mondo minacciato dalla volgarità e dal danaro (dal danaro e dalla volgarità occidentali), Osama Bin Laden, Ayman Al Zawahiri e i loro compagni vogliano far rivivere l´Antico Islam. Gli anni in cui l´angelo Gabriele dettava a Maometto i versetti del Corano, sorsero le prime moschee di mattoni essiccati e di rami di palma, cominciarono i pellegrinaggi verso la Mecca, le truppe arabe conquistarono rapidissimamente la Persia, la Siria, l´Africa settentrionale, la Spagna, i primi asceti si raccolsero vicino al deserto, nacque una nuova teologia, vennero decorati meravigliosi Corani e costruite le grandi moschee di Damasco e di Gerusalemme. Era il fondamento: un tempo ardente, austero, guerriero, mobilissimo, genialissimo; un oceano di fuoco, che in pochi anni arse e trasformò il mondo. Milletrecento anni dopo, per recuperare questo fondamento, i terroristi (così pretendono) salgono sugli aerei, distruggono i grattacieli di New York, si uccidono, sconvolgono Costantinopoli, Casablanca e Madrid. È un sacrificio immane: un massacro illimitato di sé e degli altri; ma alla fine del massacro dovrebbe rinascere il profumo del settimo secolo ? Maometto che, in un attimo senza tempo, lascia il suolo di Gerusalemme e raggiunge il cielo con la sua cavalcatura volante.

Niente potrebbe essere meno vero. Il settimo secolo non ritorna. Maometto non sale verso il cielo. I terroristi del 2001, del 2002, del 2003, del 2004 e degli anni futuri hanno spezzato violentemente qualsiasi rapporto col Corano. La guerra che essi combattono contraddice in tutti i punti le parole della tradizione islamica.

Quelle parole avevano prescritto la tolleranza religiosa: raccomandato di proteggere le vedove e gli orfani: proibito l´assassinio, il suicidio, il terrore, la violazione dei patti: imposto una legge scrupolosa persino alla guerra santa; mentre tutto, intorno, era Bibbia, fantasia, tappeti magici, lettura dei filosofi greci, invenzione d´automi, lettere d´oro dei Corani. Quello che accade nel 2004 non ha precedenti nemmeno negli anni più tenebrosi della storia islamica, quando i berberi invasero il califfato di Córdoba. Negli ultimi trent´anni è nata nel Medio Oriente una nuova religione: una religione empia ed iconoclastica, che col Corano e Maometto ha lo stesso rapporto che il nazismo aveva col romanticismo tedesco.

Quanto oggi regna nel Medio Oriente è la perversa arte della politica, che l´Europa ha elaborato nei secoli fino ad Hitler e Stalin. Osama bin Laden e i suoi compagni non sono, come dicono le nostre ingenue autorità, dei «folli criminali» assetati di sangue. Posseggono un genio della politica come oggi nessuno al mondo. Hanno una grandiosa immaginazione, una ferrea volontà, un´estrema lucidità razionale, un´intuizione potentemente semplificatrice delle cose, una spaventosa audacia intellettuale, una perfetta scelta degli obiettivi, una meticolosa precisione nell´esecuzione, il dono di inscenare spettacoli teatrali, capaci di affascinare le folle - e mai, mai un attimo di dubbio o di incertezza o un semplice respiro umano.

Essi non ricordano in nulla i potenti della grande tradizione araba: i califfi di Bagdad e di Córdoba, il Saladino, i sovrani di Delhi, i sovrani savafidi della Persia, gli imperatori Moghol dell´India, i Sultani Ottomani, con quell´apparato di generosità e opulenza geniale. E nemmeno gli ultimi, mediocri capi di stato dell´ultimo dopoguerra, Nasser e Boumedienne. Essi sono figli dell´Occidente: figli dei nichilisti e di Hitler, di Lenin e di Stalin, e dell´immondezza ideologica che, nell´ultimo secolo, l´Europa ha rovesciato sull´universo.

Non so dove abitino: se in Afghanistan o in Pakistan, o in Iraq o a corso Venezia a Milano o a place de la Concorde, o all´Hotel Plaza, a Manhattan, nelle più eleganti abitazioni e nei più lussuosi alberghi europei, dove sono di casa. Ma so, cosa fanno. Ridono di noi. Quanto devono essersi divertiti l´11 settembre 2001. Pensavano: «Vedete, noi vi offriamo un film vero, come le vostre televisioni non hanno ancora saputo offrirvi. Tutto è spettacolo, come voi, nella vostra vita quotidiana, amate: tutto è effetto speciale, come nei film di Spielberg: ma gli aerei sono veri, i grattacieli veri, il fuoco vero, le rovine vere, le migliaia di morti sono veri morti. Speriamo che ci ammiriate. Confessatelo, non vi siete mai divertiti tanto. Non godrete mai più uno spettacolo così grandioso - fino a quando noi, forse molto presto, ve ne offriremo un altro». Quanto devono divertirsi in questi giorni, dopo l´attentato di Madrid - davanti ai cortei contro il terrorismo o per la pace, ai litigi fra i nostri uomini politici, ai nostri interminabili convegni televisivi - alla nube di chiacchiere e di stupidità che avvolge amorosamente l´Europa e l´America.



Un tempo, in Occidente, esisteva quella qualità atroce e incomunicabile, che Simone Weil chiamava la «forza». Amava incarnarsi nel volto di Giulio Cesare: nel viso, stranamente femmineo, di Augusto: nelle piccole membra adipose di Napoleone; e nella massiccia e fintamente bonaria figura di Stalin. La forza si proponeva dei fini; e li conseguiva con qualsiasi mezzo, a costo di costruire i propri altari sopra mucchi di cadaveri e fiumi di sangue. Quando giungeva in alto, dove nulla riusciva più a contrastarla, assumeva una maestà grandiosa e terribile; e lasciava cadere un sorriso mitissimo e benigno sopra gli uomini che, giù in basso, innalzavano a lei i loro pianti, i loro inni e le loro preghiere. Nessuna qualità esercitava sugli uomini più fascino della forza: nessuna suscitava una mescolanza così ripugnante di terrore e di attrazione; tanto desiderio di adorazione, di umiliazione e di sacrificio.

Oggi, per nostra fortuna, nella civiltà occidentale la forza non esiste più. La forza è realistica: afferra oggetti, stritola corpi, conquista paesi; mentre il mondo europeo del ventunesimo secolo è irreale, teatrale, illusionistico, televisivo, spettacolare. Così nessun occidentale sa più usare la forza; e quando vi ricorre, l´usa con inesperienza, goffaggine, eccesso, oppure con un tale accompagnamento di cautele e di riguardi e di scuse e di precauzioni da renderla totalmente inefficace e dannosa. Così ci hanno insegnato gli ultimi trent´anni di storia politica degli Stati Uniti d´America.

Mentre è morta la forza, sono morti i potenti. I grandi della terra sono scomparsi da qualche decennio, come una famiglia di animali travolta da una glaciazione. L´ultimo degli antichi potenti fu Stalin, l´uomo che adorava Shakespeare e il balletto: quando Malenkov, Berja, Molotov, Kaganovic lo trasportarono a spalla verso la tomba - era un freddissimo e grigio giorno d´inverno del 1953 - non sapevano di seppellire l´ultimo rappresentante di una razza ormai estinta. L´epitaffio venne scritto qualche anno più tardi: lo pronunciò Kruscev: e fu grottesco, irriverente, blasfemo, come accade quando gli schiavi liberati - noi tutti - prendiamo il potere.

Così gli uomini politici di oggi sono completamente diversi. Per secoli, avevano amato essere irraggiungibili, invisibili, ignoti agli altri esseri umani - solitari come stelle nel cielo. Nessuno poteva giungere sino all´imperatore di Bisanzio seduto sul suo alto trono, al Figlio del Cielo che, a Pechino, ascoltava la musica dei suoi perfetti orologi, o all´imperatore di Persia nascosto dietro il suo velo. Tutte le loro parole ed azioni sapevano di segreto: finzioni, maschere, misteri, che nessuno poteva spiegare.

Ora, ogni sera, vediamo gli uomini politici tutti lì, sugli schermi televisivi, seduti su poltroncine rosé o celesti, mentre chiacchierano volubilmente di questo o di quello, con una sviscerata passione per le frasi banali e i luoghi comuni. Amano farsi fotografare in pubblico, seduti ai tavoli da pranzo ufficiali con le mani decorosamente disposte accanto alle forchette o ai coltelli: o mentre si baciano fervidamente sulle guance o sulla bocca, o mentre si danno pacche sulla schiena o in fondo alla schiena, in segno di solidarietà, complicità, amore, - queste pacche affettuose sono il loro modo preferito di parlare. In compenso, hanno perduto qualsiasi intuizione della realtà. Non vedono cosa accade. Non sanno immaginare cosa accadrà, sebbene Osama bin Laden lo sappia benissimo. Un tempo, possedevano quel dono supremo che è l´autorità: un dono che si ha insieme per natura ed esperienza, non si ostenta, e diffonde attorno a sé calma, quiete, reverenza, rispetto. Oggi, quasi nessuno di loro ha autorità: si prendono gioco l´uno dell´altro, tirano fuori la lingua, si insultano, si fanno sberleffi, si offendono, in modo da costringere noi, i sudditi, a provare pena ed umiliazione per loro.



Tra gli episodi della storia, ce n´è uno verso il quale sento un´immensa venerazione, come se appartenesse a una condizione superiore a quella storica. L´Inghilterra, negli anni tra il 1939 e il 1941. I nazisti conquistavano la Polonia, la Norvegia, la Danimarca, il Belgio, l´Olanda, la Francia: poi i Balcani e Creta: si alleavano con l´Unione Sovietica; per un anno l´Inghilterra fu quasi priva di esercito, con poche centinaia di aerei, poche truppe in Egitto, una flotta, una classe dirigente non compatta, - e Churchill. Le speranze non erano grandi. Le bombe tedesche distruggevano, anzi, «coventrizzavano», come diceva elegantemente Mussolini, le città inglesi: Leonard e Virginia Woolf avevano preparato il veleno per uccidersi, nel caso che i nazisti fossero sbarcati nel paese. Allora il popolo inglese ebbe un´immensa forza di pazienza e di sopportazione: tollerò la sconfitta e la morte, non perse coraggio, protese lo sguardo oltre un futuro oscurissimo. Pochi aerei inglesi abbatterono sulla Manica gli aerei tedeschi: navi inglesi affondarono nel Mediterraneo le navi italiane. Se noi, oggi, siamo qui, se parliamo, scriviamo, passeggiamo, andiamo in vacanza, diciamo sciocchezze - tutto questo è esclusivamente dovuto alla pazienza, al coraggio e alla sopportazione di quel popolo fedele.

Oggi sarà bene convincerci che la civiltà occidentale corre pericoli appena meno gravi di quelli corsi nel 1939 e nel 1940. I nemici sono intelligentissimi, senza scrupoli, senza incertezze, e posseggono una straordinaria forza di volontà. Difendersi dal terrorismo elevato a sistema è, per una democrazia, difficilissimo o quasi impossibile. Altri attentati scoppieranno in tutti i paesi dell´Europa e dell´Islam, perché la prima meta di Osama bin Laden e dei suoi compagni è distruggere l´Islam: l´Islam di Maometto, di Córdoba, del Saladino, di Rumi e delle Mille e una notte. Dovremo rinunciare a molti piaceri: piccole libertà, garanzie giuridiche, ricchezze, assistenza. Per molti anni, tutto sarà a rischio. A volte, si ha l´impressione che molti non desiderino compiere questi sacrifici, e che per loro la civiltà occidentale possa affondare senza rimpianti. Sembra che la pazienza, il coraggio e la forza di sopportazione - quelle che nel 1940 salvarono l´Inghilterra e il mondo - siano impalliditi. Meglio Hitler, meglio Stalin, meglio Mao, meglio Pol-Pot, meglio bin Laden: gli europei hanno già ripetuto moltissime volte, nelle università e nelle strade, queste frasi penose. Meglio restare in vita, a qualsiasi costo.

La civiltà occidentale ha grandissime colpe, come qualsiasi civiltà umana. Ha violato e distrutto continenti e religioni. Ma possiede un dono che nessuna altra civiltà conosce: quello di accogliere, da almeno duemilacinquecento anni, da quando gli orafi greci lavoravano per gli Sciti, tutte le tradizioni, tutti i miti, tutte le religioni, tutti o quasi tutti gli esseri umani. Li capisce o cerca di capirli, impara da loro, insegna loro, e poi, molto lentamente, modella una nuova creazione, che è tanto occidentale che orientale. Quante parole abbiamo assimilato! Quante immagini abbiamo ammirato! Quante persone sono diventate «romane»! Questo dono è così grande e incalcolabile, che forse vale la pena di sacrificarsi, pro aris et focis, per il diritto di passeggiare e fantasticare davanti alla cattedrale di Chartres, nel grande prato dell´Università di Cambridge, presso le colonne tortili della reggia di Granada.