martedì 27 aprile 2004

la violenza contro le donne

La Stampa 27 Aprile 2004

Crescono gli abusi in casa

A Mirafiori storie di ordinari maltrattamenti

di Lodovico Poletto




La violenza sulle donne ha il sapore di una cosa di casa. Si pratica in famiglia e gli «aguzzini» sono mariti o genitori. E quando si parla di violenza non è soltanto una questione di abusi sessuali, ma ci sono le botte e le pressioni psicologiche, che spesso sono così forti da far più male dei lividi. Da lasciare ferite che si rimargineranno con grande fatica.

Mirafiori Nord non è certo il quartiere più violento di Torino. E proprio per questo Il Cirsde (il centro interdisciplinare di ricerca e studi delle donne dell’Università) lo ha scelto come area tipo per una ricerca da titolo «Violenze Urbane», realizzata nell’ambito del progetto Urban sulle periferie in collaborazione con il Comune di Torino. La densità della popolazione in questa zona rispecchia l’andamento urbano, anche se, forse, è un po’ più anziana di altri angoli di Torino. Per tutto il resto Mirafiori Nord potrebbe essere un qualunque angolo periferia: i reati consumati sono nettamente in media con il resto della città, i problemi sono quelli comuni a molte altre zone.

Qui, in un quartiere percepito sostanzialmente come «sicuro», dove la gente non ha paura a camminare sola per strada la sera, lo scorso anno 161 donne hanno denunciato violenze. Lo hanno fatto tra mille difficoltà e ripensamenti, aiutate e convinte spesso da un’amica oppure da una persona loro molto vicina. Le statistiche che i ricercatori del Cirsde, con una certa fatica, hanno stilato raccogliendo le denunce presentate alle forze dell’ordine, ai pronto soccorso, ai Sert, ai consultori e alle strutture di servizio sociale raccontano che su 54 casi di violenza sessuale 38 si sono consumati tra le mura domestiche. Trentadue sono ad opera del coniuge, il resto da parte di un genitore. E non sfuggono a questa regola neppure i maltrattamenti: 84 su 107 hanno avuto come scenario le stanze di casa, e la mano che ha colpito è stata quella del marito.

Dati che fanno riflettere Franca Balsamo, docente universitario e responsabile scientifica del gruppo di ricerca del Cirsde e che dice: «Non c’è più violenza che in passato, ma il numero delle denunce dimostra che, tra le donne, è cresciuta la consapevolezza, è aumentata l’intolleranza verso quelle forme di abuso che prima erano considerate quasi fisiologiche. Subite come eventi inevitabili». E c’è ancora un altro fatto «anomalo»: la percezione della sicurezza. «Se il quartiere è considerato sicuro - dice ancora Franca Balsamo - la casa è quasi considerata uno spazio extraterritoriale. Lì capitano fatti che non rientrano nella vita della zona e le mura domestiche sono viste come uno spazio autonomo».

Riflessioni che, ieri, hanno animato a Torino Incontra il primo dei due giorni di dibattito sulle violenze urbane (si prosegue oggi con gruppi di lavoro a tema e con la partecipazione del coordinamento cittadino contro la violenza alle donne). E che serviranno come spunto anche per indagini future.

Ed è ancora Franca Balsamo a sottolineare un altro aspetto della questione: «I servizi sociali non sono ancora punti di riferimento per le donne, sebbene la loro presenza sul territorio sia molto diffusa. E questo perché sono poco conosciuti. Si sa della presenza di alcuni servizi telefonici, ma non di tutte le altre strutture».

E i violenti, chi sono? L’indagine del Cirsde - che ha interessato anche un campione di di mille donne e 300 uomini, intervistati telefonicamente - non traccia un profilo univoco. Il 24 per cento pensa che siano persone violente di natura; il 13 che siano «poco sani di mente» mentre il 12% li ritiene drogati oppure ubriachi. Di certo, in gran parte, erano familiari: mariti, fratelli, parenti prossimi o addirittura padri. Gli estranei sono una minoranza esigua dal punto di vista statistico. Eppure, nell’immaginario collettivo, sono proprio loro quelli che fanno più paura.