sabato 26 giugno 2004

«l’Asia è il continente più ostile al cristianesimo»

La Stampa 26.6.04

Ricerca di una associazione indipendente sulla libertà religiosa

«Non solo Islam, è allarme induismo»

L’Asia è il continente più ostile al cristianesimo

di Marco Tosatti




CITTÀ DEL VATICANO. E’ l’induismo aggressivo e xenofobo, dopo - ovviamente - l’Islam nelle sue forme più radicali (e non necessariamente terroristiche) il «cattivo» dell’anno nel rapporto sulla libertà religiosa stilato dall’associazione «Aiuto alla Chiesa che Soffre». Ed è sicuramente l’Asia il continente in cui è più difficile credere, vivere pubblicamente la propria fede ed eventualmente passare ad un’altra. Ma neanche l’Europa è esente da problemi. Se in Russia nel 2003 e nei primi mesi del 2004 - a detta di molti osservatori - si è potuto notare un discreto miglioramento del rispetto della libertà religiosa (sul quale tra l'opinione pubblica e tra le diverse confessioni è in corso un dibattito ampio), in Bielorussia il regime autoritario del presidente Alyaksandr Lukashenko rende l'attività religiosa praticamente impossibile per molte comunità religiose minoritarie. La Chiesa ortodossa gode di uno status privilegiato rispetto agli altri gruppi religiosi, mentre l'accesso ai vari settori statali è precluso alle altre religioni e la Chiesa cattolica è costretta a vivere ai margini della legalità.

Ma anche in Turchia, dove all'inizio del 2003 il governo ha approvato modifiche tese a rafforzare il rispetto dei diritti umani e delle libertà personali, nell’ottica di favorire l'adesione del Paese all'Ue, la situazione appare difficile. «La Chiesa cattolica subisce restrizioni all'attività di evangelizzazione - scrive il rapporto -. Un frate cappuccino italiano, il 60enne padre Roberto Ferrari, da 45 anni missionario in Turchia, è stato messo sotto inchiesta dalle autorità che gli hanno anche ritirato il passaporto e impedito il ritorno in patria per aver amministrato il battesimo a un giovane di 26 anni.

Il mondo islamico è però sicuramente quello dove si registrano i maggiori problemi. Camille Eid, specialista del mondo arabo e autore del libro «A morte in nome di Allah» sui martiri cristiani dalle origini dell’Islam a oggi, ha parlato di luci ed ombre, e di qualche voce, che in Arabia Saudita, chiede di riformare il curriculum scolastico, elimimando dai testi liceali citazioni del tipo: «Pur essendo esperti nelle scienze, gli infedeli rimangono ignoranti e non meritano di essere chiamati sapienti, perché la loro scienza non ha oltrepassato le cose della vita terrena e questa scienza è incompiuta». E nell’Arabia Saudita wahabita, che proibisce ai cristiani di pregare, costruire chiese o dire messa (pena l’arresto o peggio), 700 imam sono stati obbligati a corsi di «rieducazione», perché giudicati troppo radicali.

Diversa, sia pure con luci e ombre, la situazione altrove. Se il rettore dell’università cairota di Al Azhar, Al Tantawi, ha detto che «la religione islamica accetta solo la fede scaturita da una libera scelta e non dalla costrizione», accettando perciò che dall’Islam si possa passare ad un’altra fede, un imam altrettanto famoso (ha una rubrica su «Al Jazeera») sostiene che l’apostasia di un musulmano è un tradimento della patria e, quindi, è punibile con la morte. Cina, Vietnam e soprattutto Corea del Nord cercano di distruggere, o almeno controllare, le spinte religiose. Ma se questi Paesi hanno una lunga e affermata tradizione di violazione delle libertà, religiose e e non solo, un «outsider» sta emergendo in maniera preoccupante. «Il fondamentalismo induista in India calpesta - scrive “Aiuto alla Chiesa che Soffre” - ripetutamente i diritti delle minoranze etniche e religiose, nega loro i diritti costituzionali e ne minaccia l'esistenza. I valori di tolleranza e rispetto, che hanno permesso ai sikh del Punjab di dare vita a una religione nata dalla fusione tra induismo e islam e che hanno animato la spiritualità e la vita di Buddha e del Mahatma Gandhi, sono oggi gravemente violati».



Repubblica 26.6.04

FEDE E POLITICA


In molte zone il culto è vietato, in altre i seguaci di Cristo sono accusati di proselitismo: nel mirino dei fondamentalisti chiese e missionari

Cristiani sotto attacco in tutto il mondo

Persecuzioni e minacce soprattutto in Asia e nei paesi islamici

In Laos molte persone sono state imprigionate e spinte a rinunciare alla loro fede

In Birmania il governo offre favori e denaro a chi lascia la Chiesa e torna al buddhismo

di MARCO POLITI




ROMA - Cristiani nel mirino. Il Rapporto 2004 sulla libertà religiosa nel mondo, pubblicato dall´Acs («Aiuto alla Chiesa che soffre»), mostra un´ondata di astio, violenze, intolleranza, azioni minacciose fino all´omicidio che colpiscono cattolici e protestanti in varie parti del mondo: specie in Asia e in alcuni paesi islamici. E´ come se la ruota della storia avesse cominciato a girare all´incontrario. Gruppi e comunità cristiane, che tre secoli fa avevano iniziato fiduciosi la loro marcia di espansione attraverso il globo terraqueo al seguito di mercanti, soldati e funzionari, si ritrovano oggi sulla difensiva di fronte all´esplodere di fondamentalismi e ultra-nazionalismi. Si moltiplicano le situazioni in cui i seguaci di Cristo vengono considerati un elemento estraneo, se non una vera e propria infezione del corpo di un´etnia o di una compagine sociale e statale.

Il Laos lo afferma esplicitamente: il cristianesimo è una «religione straniera imperialista» e di stagione in stagione cristiani vengono picchiati, imprigionati, torturati perché non firmano il documento di «rinuncia volontaria» alla propria fede. Attilio Tamburrini, direttore della sezione italiana di Acs, mette in guardia dal contare solo morti e martiri. Di stragi ce ne sono state meno nel 2003 rispetto al 2002, ma è il quadro complessivo di intolleranza e rigetto che preoccupa. In Arabia saudita la repressione di ogni forma di culto non-islamica persiste. Nel Brunei è vietato - come nella grande maggioranza dei paesi arabi - il proselitismo tra i musulmani. Nel Buthan è proibito dal 2000 il culto pubblico dei cristiani. In Indonesia continuano le distruzioni di chiese da parte dei fondamentalisti musulmani. In Birmania il regime offre incentivi ai cristiani che ritornano al buddismo (ma perseguita con eguale impegno anche i musulmani). In Pakistan torture e arresti ai danni dei cristiani avvengono sotto pretesto di una presunta violazione del reato di «blasfemia». In India prosegue la campagna d´odio lanciata dai fanatici induisti contro le più diverse comunità cristiane accusate di forzare le conversioni. E´ simbolico l´attacco di un gruppo estremista contro la Pata Fellowship Church del villaggio di Patapaypangara, culminato con la distruzione della chiesa e il tentativo di mettere sull´altare una statua di divinità indù. In Somalia, dove il 5 ottobre scorso fu uccisa la missionaria laica Annalena Tonelli, è proibita qualsiasi forma di proselitismo, mentre in Algeria il fondamentalismo islamico colpisce soprattutto i musulmani moderati e laici.

Nel quadro spiccano i sussulti sanguinosi che si verificano in Nigeria e in Sudan, dove odio religioso e odio etnico formano una miscela politicamente esplosiva. Non ideologica, ma motivata dalla preoccupazione nuda e cruda dell´establishment partitico di mantenere la propria supremazia, appare di converso la politica sistematicamente vessatoria delle autorità cinesi nei confronti delle comunità cattoliche che dichiarano esplicitamente il loro legame con la Santa Sede. Padre Cervellera, direttore di Asia News, riporta che il regime consente oggi scuole private straniere, «ma non religiose». Così come a Cuba i conflitti riguardano il governo e la dissidenza cattolica o l´episcopato per quanto riguarda la richiesta di una riforma politica generale, ma non investono la libertà di culto della popolazione.

D´altro lato, dopo l´attacco alle Torri Gemelle qualcosa è cambiato in peggio anche negli Usa, paese notoriamente tollerante. Il Consiglio delle relazioni americano-islamiche denuncia che nel corso del 2003 le aggressioni contro i musulmani sono aumentate del 70 per cento sino a raggiungere quota 1.019 tra incidenti e manifestazioni di violenza.

Eppure si fanno strada anche esperienze positive. In molti stati ex sovietici o dell´est europeo la libertà religiosa è stata più o meno restaurata. E qualcosa di importante sta avvenendo anche in alcuni paesi arabi. In Qatar si è tenuta il mese scorso un´importante conferenza islamo-cristiana. E persino nell´Arabia saudita, racconta Camille Eid, uno dei massimi esperti sulla situazione religiosa nei paesi musulmani, si manifestano segni di novità: «Alcuni intellettuali coraggiosi hanno chiesto la riforma dei testi scolastici che denigrano i miscredenti».

Chi è libero, tuttavia, a volte diventa prepotente. In Croazia i vescovi cattolici hanno bloccato l´introduzione nelle scuole dell´insegnamento di yoga.