mercoledì 29 settembre 2004

Sassarimorte nel reparto di Psichiatria

Unione Sarda 29 settembre 2004

Malasanità.

Tragedia in corsia

«Mio fratello ucciso dalla disidratazione» Psichiatria nella bufera



L’inchiesta è riaperta e tutto ritorna nelle mani del pm, grazie ai dubbi, fortissimi, sollevati dai consulenti della difesa. Conclusioni che dirottano nuovamente nelle mani del pm Gianni Caria il caso di Antonio Muroni, 44 anni, sassarese, morto nel reparto di Psichiatria, secondo i parenti a causa di una grave disidratazione. Il caso era stato archiviato, ma i familiari avevano impugnato l’archiviazione: «Per salvare Antonio - dicono - sarebbero bastati gli esami di routine».

L’inchiesta comincia dopo la denuncia di Luigi, fratello della vittima, di professione medico di base. È lui che racconta ai carabinieri l’odissea di quel fratello precipitato d’improvviso nel baratro della malattia mentale, dopo una laurea in giurisprudenza messa a frutto brillantemente in campo lavorativo. Antonio soffriva ormai da nove anni di schizofrenia, per due volte era stato ricoverato in Psichiatria. Tirava avanti grazie alle cure del suo medico e a un farmaco che sembrava funzionare. Fino a quando, denuncia il fratello, non cambia l’uno e l’altro. La situazione peggiora visibilmente. È il 7 luglio del ’99, Antonio non mangia e non beve da giorni. Il fratello e la sorella chiamano al telefono Luigi: «Antonio sta male, è pallido, freddo, risponde a fatica». Lui chiama la collega, anche lei medico di base, e per di più specialista in Neuropsichiatria. È la prima della lista degli indagati.

Si accorge che è disidratato. Non ne dispone il ricovero, decide di aspettare: il giorno dopo é prevista la visita dell’Équipe del Centro di igiene mentale. «Sto morendo», dirà Antonio alla sorella. L’indomani la dottoressa del Cim ne dispone il ricovero immediato, ma in Psichiatria. Mentre é ancora a casa, il paziente ha un collasso, viene rianimato. Sul foglio di ricovero quel collasso, dice il fratello, non figura. Qui, sempre secondo la denuncia, succede di tutto: non viene eseguito alcun esame, non viene misurata la pressione. Antonio Muroni muore il giorno dopo in Rianimazione.

Il resto è tutta storia giudiziaria. Una prima perizia sembra discolpare tutti coloro che sono ruotati attorno al paziente: il medico di base, il medico del centro di igiene mentale, il medico del pronto soccorso, tre medici di Psichiatria. Ma il caso viene riaperto. Altri periti sono chiamati a stabilire se la morte di Antonio sia dovuta a un’imprevedibile insufficienza renale o da una disidratazione clamorosamente sottovalutata.

Le percentuali dei sali minerali accertate negli esami di laboratorio erano elevatissime: «spaventose» secondo i professori Pierluigi Tosi e Giancarlo Berni, rispettivamente direttore del dipartimento di Emergenza e primario del reparto Nefrologia e Dialisi a Firenze, periti della parte civile.