sabato 27 novembre 2004

anoressia e bulimia, un convegno al Forlanini

Il Messaggero Sabato 27 Novembre 2004

Al Forlanini un convegno sulla doppia terapia per guarire corpo e psiche

Anoressia e bulimia: superati i 30 mila casi

di MARIA GRAZIA FILIPPI



Anima e corpo. Dal tunnel buio dove lo scheletro prende il sopravvento sulla carne o, al contrario, dove la carne ti avvolge fino a soffocarti, non è più immaginabile sfuggire senza che corpo e anima ritrovino il loro originario equilibrio: «Perché anoressia, bulimia e obesità non sono disturbi dell'appetito ma espressioni di un disagio soggettivo profondo che riguardano le relazioni che il soggetto ha con il suo mondo, prima di tutto con la famiglia». Elisabetta Spinelli, psichiatra del Dipartimento Salute Mentale della Asl RM D, psicoanalista e docente dell'Istituto Freudiano, è l'organizzatrice della giornata di studio "I disturbi alimentari: pratiche cliniche a confronto" che si è tenuta nell'aula magna dell'ospedale Forlanini. Obiettivo, il trattamento di queste patologie mettendo a confronto i diversi approcci terapeutici, dalla psicoterapia individuale, di gruppo e familiare, alle comunità terapeutiche fino ai trattamenti farmacologici. E a Roma, il numero dei casi conclamati oltrepassa i 30mila, con 11mila diagnosi di anoressia e 20mila di bulimia.

Il convegno, promosso dal professor Andrea Balbi, direttore del DSM della Asl RM D e dal dottor Sergio Lupoi, direttore del IV Distretto della stessa Asl presso il quale è stato aperto il Centro Disturbi dell'Alimentazione, ha riunito intorno allo stesso tavolo alcuni dei maggiori esperti del settore tra cui Massimo Cuzzolaro, presidente della Società italiana per i disturbi del comportamento alimentare e docente alla Sapienza e a Tor Vergata; il professor Antonio Ciocca, responsabile dell'Unità disturbi della condotta alimentare del Gemelli e il dottor Domenico Cosenza, direttore scientifico dell' Associazione Bulimia e Anoressia. D'altronde i dati del ministero della Salute fotografano un fenomeno che ha lo stampo di un’ epidemia: attratti dolorosamente dall'abbuffata patologica o dallo sfinimento del digiuno sono in Italia una fascia di adulti che oscilla dal 10 al 30% della popolazione, con un aumento dei casi nell'adolescenza. E sono le donne di tutte le classi sociali, tra i 12 e i 25 anni, a subire di più il fascino di questa attrazione fatale che fa del rifiuto del cibo il modo autolesionistico di esprimere il desiderio di riconoscimento, di amore, di non essere lasciate cadere nel vuoto da parte dell'“Altro da sé”. «L'esperienza maturata in questi tre anni nel nostro centro - spiega la dottoressa Spinelli - ci ha portato a riconoscere la terapia con un piccolo gruppo monosintomatico come il modo più adatto per coagulare la debole e conflittuale richiesta di cura di questi soggetti che tendono a misconoscere la sofferenza legata al disturbo alimentare». Fondamentale, è la creazione di una rete d'intervento multidisciplinare che comprenda diverse figure professionali e la possibilità di rinviare le competenze mediche (esami, anamnesi alimentari, approfondimenti diagnostici ecc) in un luogo diverso da quello dedicato alla cura della psiche. «Così si può tessere una rete - conclude la dottoressa - che ha la funzione molto importante di contenitore psicologico con un luogo per la cura del corpo e un luogo per la cura della mente dove essere accolti e ascoltati, con una riduzione progressiva dell'angoscia e l'introduzione della dimensione del limite: il messaggio è "non puoi abusare del tuo corpo come vuoi"».