domenica 30 gennaio 2005

Cina

Corriere della Sera 30.1.05

L’ex leader riformista cremato lo stesso giorno in cui sono ripresi i voli tra «madrepatria» e Taiwan

Cina, ultimo addio a Zhao. Con onore

Il regime consente i funerali nel «cimitero degli eroi». La Tv: «Commise un grave errore»

Fabio Cavalera




PECHINO - I cinesi, attenti registi della politica, hanno scelto lo stesso uomo - Jia Qingling, il numero quattro del regime - per celebrare a distanza di poche ore una dall'altra due cerimonie che sono la proiezione dei drammi della Cina di ieri, quella del massacro di piazza Tienanmen, e della speranze della Cina del domani, quella della distensione con Taiwan. Non è stato un caso che i due eventi si siano inseguiti quasi a marcare altrettante tappe della Cina postmaoista, un Paese che resta sospeso fra miracolo economico liberista e forte conservazione interna.

I vertici del Paese hanno tentato di dare al primo evento - il funerale dell'ex segretario Zhao Ziyang - un contenuto di basso profilo che consentisse a un tempo di compiere un modesto passo di riconciliazione verso la dissidenza e contemporaneamente di impedire nuove scintille di piazza in memoria delle proteste represse nel sangue nel 1989.

Per ridurne al minimo l'impatto hanno dunque scelto di ricordare «il compagno Zhao Ziyang» nello stesso giorno in cui, con grande dispendio di messaggi mediatici, hanno festeggiato dopo 55 anni di «congelamento» i sette voli di collegamento diretto fra la «madrepatria» e Taiwan. Oltre che la ripresa del dialogo con il «presidente indipendentista» di Taiwan.

E' toccato a Jia Qinglin, membro del Politburo del partito comunista e presidente della Conferenza consultiva nazionale, rappresentare i massimi dirigenti della Cina alle esequie e alla cremazione dell'ex segretario Zhao Ziyang cacciato e arrestato perché si era opposto all’applicazione della legge marziale contro gli studenti. Ci è voluta una settimana e mezzo, tanto è trascorso dalla morte di Zhao, affinché i familiari e il partito riuscissero a trovare un accordo sulle modalità dell'addio all'ottantacinquenne precursore del riformismo.

Duemila persone sono accorse al cimitero Baobashun, il cimitero degli eroi della Rivoluzione, per l'ultimo saluto a Zhao. Erano state autorizzate dal governo e invitate dai figli. Presidiata piazza Tienanmen, vietate le riprese televisive, allontanati in modo aggressivo giornalisti occidentali e quanti desideravano portare un fiore bianco di tributo. Il tutto - pur senza tacere di timidi segnali di cambiamento - a ricordare che, sul fronte interno, l'oscurantismo resta la caratteristica prevalente del regime. La cerimonia ha testimoniato le contraddizioni della vecchia Cina incerta e divisa sull'opportunità di avviare una stagione di vere riforme politiche.

Zhao Ziyang è stato cancellato per 15 anni dalla memoria della Cina. Rievocarlo era reato gravissimo, un attentato all’«integrità» dello Stato. Ieri Zhao ha ricevuto una minima riabilitazione. Non soltanto per il motivo che la televisione ha finalmente parlato di lui (non avveniva dal 1989, tanto che molti giovani oggi in Cina non sanno chi è stato Zhao) ma soprattutto perché il partito lo ha riconosciuto di nuovo come un figlio che ha «dato un contributo utile alla causa del partito e del popolo» e lo ha avvolto prima della cremazione nella bandiera rossa. D'altro canto - ed ecco il peso del passato - il lungo comunicato consegnato all’agenzia non menziona le cariche (premier e segretario generale del partito) che Zhao ha ricoperto, si limita ad affermare che ha occupato importanti ruoli dirigenziali, aggiunge che «nei tumulti politici del 1989» commise «un grave errore». Una formula questa che ha irritato la famiglia al punto da impedire la lettura del documento durante il funerale e di differirne la diffusione attraverso i media ufficiali.

Cerimonia di profilo basso che ha certificato le paure e gli imbarazzi della vecchia e nuova nomenklatura cinese ancora incapace di prendere la strada del riconoscimento delle libertà e dei diritti civili.

L'immagine della vecchia Cina che i dirigenti del Paese, proprio nelle ore del funerale di Zhao, hanno tentato di nascondere dando spazio a lunghi collegamenti televisivi per i primi voli di collegamento diretto fra Taiwan, Pechino e Shanghai. E riportando con enfasi le aperture di Jia Qingling (pronti a negoziare con il presidente indipendentista di Taiwan, naturalmente sul principio sintetizzato nella formula «un Paese, due sistemi», ovvero la riunificazione sotto Pechino ma con riconoscimento di un sistema «locale» rappresentativo). Gesto di distensione che Taiwan ha apprezzato e che proietta l'ombra di una Cina opposta alla prima Cina. Tanto autoritaria e chiusa, l’una. Quanto dinamica a livello internazionale e impegnata a rimuovere le tensioni ereditate dalla Rivoluzione del 1949, l'altra.