lunedì 28 febbraio 2005

anniversarila scoperta della struttura del Dna

La Provincia 28.2.04
DNA Quel 28 febbraio che aprì le porte della vita
Il biologo americano che ne scoprì la struttura, James Watson, in un libro ci racconta come, da quel giorno del 1953, molte cose sono cambiate

James Watson durante una recente conferenza nella quale ha illustrato il «Progetto Genoma»: nel 1953 il biologo americano rivelò la struttura del Dna con il collega Francis Crick
Marco Cambiaghi

Il 28 febbraio di 52 anni fa era un sabato: quel giorno James Watson e Francis Crick scoprivano la struttura della sostanza organica che sta alla base della vita. A richiamare l'importante evento è l'uscita in Italia del libro Dna. Il segreto della vita, scritto proprio da James Watson ed edito da Adelphi. Quel 28 febbraio 1953 Watson, biologo americano ventitreenne, si recò nel suo laboratorio e lì ebbe l'illuminazione della vita: aveva intuito, dopo lunghe ricerche, la struttura del Dna, la sostanza chimica che funge da messaggero della trasmissione genetica. Poco dopo lo raggiunse il suo collega Crick, fisico di 35 anni (dedicatosi alla ricerca biomolecolare dopo aver progettato mine magnetiche durante la guerra), comprendendo immediatamente l'importanza della scoperta. Insieme costituiscono il modello definitivo della molecola: il Dna ha una struttura a doppia elica, dove la 4 basi combaciano a coppie ben precise: A-T e C-G. Entrando per il pranzo nel loro solito pub, l'Eagle Pub di Cambridge, fu proprio Crick ad annunciare che, modestamente, avevano appena scoperto il «segreto della vita». Il Dna era stato scoperto quasi un secolo prima, nel 1869 da Friedrich Miecher, ma solo negli anni '50 si cominciò a studiarne meglio la struttura: Rosalind Franklin e Maurice Wilkins negli stessi anni dei due giovani ricercatori stavano infatti studiando il Dna attraverso analisi ai raggi X. Crick, Watson e Wilkins vinsero il premio Nobel nel 1962, mentre la Franklin non ebbe questa riconoscenza (il 16 aprile del 1958 all'età di 37 anni muore di cancro alle ovaie a causa della sua esposizione prolungata ai raggi X). Le scoperte e lo studio del genoma di molti organismi si moltiplicarono negli anni a venire. Nel 1959 venne identificata la prima anormalità cromosomica umana: la sindrome di Down, o trisomia del cromosoma 21. Nel 1967 Allan Wilson e Vincent Sarich dichiarano che la specie umana e i primati hanno iniziato a divergere evolutivamente intorno a 5 milioni di anni fa e non 25 come molti antropologi credevano. Nel 1973, nel primo esperimento di successo di manipolazione genetica, Stanley Cohen e Herbert Boyer inseriscono un gene di rospo in un Dna batterico, e nel 1980 Martin Cline e i suoi collaboratori creano il primo topo transgenico. Nel 1984 Alec Jeffreys e i suoi colleghi elaborano la «prova Dna», un metodo di identificazione inconfutabile, tuttora ampiamente utilizzato nelle indagini legali. Fino ad arrivare al 1990, quando ha inizio il «Progetto Genoma», un impegno internazionale per sequenziare e mappare il genoma dell'uomo, dapprima diretto dallo stesso Watson. È Bill Clinton il 26 giugno 2000 ad annunciare il completamento della prima bozza del genoma umano: abbiamo circa 30.000 geni, non molti più del piccolo verme C.Elegans che, seppur non più grande di una virgola, ne ha ben 19.000! L'aver codificato ed in parte compreso il nostro genoma e quello di molti animali ha ovviamente portato la mentalità scientifica a spingersi oltre, cercando di risolvere le sue disfunzioni o studiarne le modifiche. Il naturale susseguirsi degli eventi ha perciò portato alla creazione dei primi mutanti, come i moscerini con 4 ali o le zampe al posto delle antenne create da Ed Lewis (Nobel nel 1995), che hanno così tanto scandalizzato i tradizionalisti. Potendo togliere geni da un organismo ed inserirli in un altro, negli anni '70 si iniziò seriamente a pensare alla terapia genica: inserire in un virus capace di infettare un organismo un gene funzionale che ne sostituisca uno difettoso. I primi esperimenti su animali effettuati da Paul Berger nel 1971 scatenarono un putiferio, così da vietare successive sperimentazioni. Le scelte scientifiche e politiche furono rimesse in seguito in discussione negli anni a seguire e la terapia genica è oggi stata sperimentata anche sull'uomo. Di questi tempi, invece, le polemiche più focose sono rivolte agli Ogm, gli organismi geneticamente modificati che fanno così tanta paura. Si sente sempre più parlare di coltivazioni biologiche, Ogm-free, senza ricordare che proprio grazie agli Ogm l'uso dei pesticidi per le piante è significativamente diminuito. Inoltre, probabilmente molti non sanno che farmaci oggi ampiamente utilizzati, come l'insulina (fino al 1982 si usava quella bovina, che non è esattamente uguale all'umana, così da provocare spesso reazioni allergiche) o l'ormone della crescita, derivano da batteri Ogm. Un altro motivo per cui il Dna guadagna spesso le prime pagine dei giornali riguarda la clonazione e l'uso di embrioni a scopi scientifici. Tutti ricorderanno gli scandali provocati dalla nascita di Dolly, la pecora clonata nel 1997 da Ian Wilmut. È dell'8 febbraio la notizia che, in Gran Bretagna, il professor Wilmut ha avuto la licenza di clonare embrioni umani a scopo terapeutico. Ma il Dna è andato oltre, permettendoci di assemblare con esattezza alcuni tasselli che riguardano la storia della nostra specie. Che gli Ebrei sono indistinguibili dal resto delle popolazioni del Medio Oriente, compresi i palestinesi, in quanto tutti comuni discendenti di Abramo. O la scoperta dei nostri antenati comuni, una donna da cui derivano tutti i nostri mitocondri e un uomo, portatore del primo cromosoma Y: entrambi erano originari dell'Africa e di carnagione nera. Un'unica razza, come sostenne Einstein: la razza umana.

James Watson, «Dna. Il segreto della vita», Adelphi. 462 pagine, 39,50 euro