domenica 27 febbraio 2005

la clonazione terapeutica

Tempo Medico on line n. 789 - 27 febbraio 2005
Clonazione terapeutica: Gran Bretagna capofila
Autorizzazione alla ricerca concessa
di Donatella Poretti

Risale a un anno fa, esattamente al 12 febbraio 2004, la pubblicazione su Science dei risultati del primo esperimento di clonazione terapeutica. L'annuncio a Washington: l'Università nazionale di Seul e l'équipe guidata da Woo Suk Hwang, con la supervisione di Jose Cibelli e del suo gruppo dell'Università del Michigan, avevano dimostrato la possibilità di ottenere cellule staminali embrionali umane con il patrimonio genetico della persona a cui avrebbero potuto essere trapiantate per curare per esempio, le malattie neurodegenerative.
A distanza di 12 mesi la Corea del Sud celebra il suo primato con un francobollo: un uomo si alza da una carrozzella per tornare a camminare. Da gennaio nel paese asiatico è entrata in vigore una legge che vieta la clonazione umana riproduttiva e regolamenta le ricerche per quella a scopo terapeutico.
La Gran Bretagna, che per prima nel 2001 decise di seguire le indicazioni del "Rapporto Donaldson" - il documento tecnico del 2000 che raccomandava di dotarsi di un quadro legislativo per questo tipo di ricerche - nell'agosto 2004 ha concesso la prima autorizzazione all'Università di Newcastle. Per un anno i ricercatori potranno studiare il trasferimento nucleare e le staminali embrionali così ottenute per trovare una cura per il diabete, una patologia che colpisce 180-200 milioni di persone nel mondo. E proprio in questo mese l'HFEA (Human Fertilisation and Embryology Authority) ha rilasciato una seconda autorizzazione, questa volta per Ian Wilmut, il "papà" della pecora Dolly. Angela McNab, direttore esecutivo dell'HFEA ha spiegato il perché: "Noi riconosciamo che le malattie neuromotorie sono gravi e congenite. Dopo avere attentamente esaminato i risvolti medici, scientifici, giuridici ed etici della richiesta, abbiamo giudicato appropriato concedere al Roslin Institute una licenza di un anno per la ricerca su queste malattie". Attualmente sono incurabili e colpiscono circa 100 mila persone in Europa e negli Stati Uniti. "La nostra ambizione è che il Regno Unito diventi la capitale della scienza del mondo" aveva preannunciato il premier Tony Blair. "La ricerca sulle cellule staminali è solo un esempio di una nuova area della scienza che ha un potenziale incredibile per migliorare la qualità della vita".
Un investimento finanziario e politico importante quello del governo britannico, ma che potrebbe non bastare. E così nomi illustri della scienza si mobilitano per creare una fondazione che raddoppi l'impegno. Dal presidente del gruppo Virgin, Richard Branson, all'esperto di fertilità e personaggio televisivo Robert Winston, dal presidente della Royal Society ed ex scienziato capo britannico Robert May, fino al genetista e autore di best seller Steve Jones. "Il paese è stato pioniere in questo campo, ma adesso stiamo arretrando leggermente, mentre altri corrono avanti" ha dichiarato lo scienziato e imprenditore Chris Evans. "Assistiamo a grandi progressi in Cina, Corea, Giappone e Germania, mentre gli Stati Uniti profondono denaro a piene mani".
Nel 2000 l'Italia, sulle tracce della Gran Bretagna, istituì una commissione tecnica guidata dal premio Nobel Renato Dulbecco, che giunse a conclusioni simili riguardo all'opportunità di compiere ricerche sulle staminali. Ad avere preso strade diverse è stata la politica.