venerdì 29 aprile 2005

uno "speciale fratellino"

Il Messaggero 29.4.05
Gran Bretagna
Sì a fratellini “su misura” per curare figli malati


LONDRA Zain Hashmi ha sei anni e vive in Gran Bretagna. La sua vita è minacciata dalla beta-talassemia, una malattia che frena la riproduzione dei globuli rossi. Per salvarlo occorrerebbe uno “speciale fratellino” e l’unico modo per ottenerlo è con la fecondazione in provetta attraverso un procedimento che garantisca la possibilità di prelevare cellule staminali ad hoc. Ieri i Laws Lord, corrispondenti ai giudici della nostra Cassazione, hanno deciso che sì, il tentativo di creare un “bambino su misura” è legale, rigettando il ricorso di Josephine Quintavalle, presidente di un’associazione in difesa dell’embrione.
Lo stesso avevano pensato in precedenza, nel 2003, i giudici dell’Alta Corte quando, rovesciando una prima sentenza del 2002, avevano concesso a Raj e Shahana, i genitori di Zain, di utilizzare la tecnica nota come diagnosi genetica pre-impianto per selezionare un embrione in grado di generare un bimbo con gli stessi tessuti del loro primo figlio.
Una volta ottenuto lo “speciale fratellino” Zain verrebbe curato con cellule staminali ottenute dal suo cordone ombelicale. Infatti solamente attraverso la selezione dell’embrione è possibile rendere compatibili i tessuti di donatore e ricevente.
Insomma, ci si avvicina sempre più alla, una volta fantascientifica, ipotesi di creare per ognuno di noi un “armadio” con ricambi umani. Una rivoluzione che non può non spaccare il mondo: inchinarsi alla scienza o alla coscienza?

Corriere della Sera 29.4.05
Passo avanti britannico nelle terapie su base genetica
Londra, sì ai «neonati su misura»

Si potranno selezionare embrioni con le caratteristiche necessarie a favorire le cure dei familiari
Paola De Carolis

LONDRA – Niente più ostacoli alla creazione di bebé su misura per salvare fratellini o sorelline malati. I giudici della Camera dei Lord, ultima istanza giudiziaria del Regno Unito, hanno dato ieri il nullaosta all’utilizzo della «diagnosi genetica pre-impianto», una tecnica che a coppie che ricorrono alla provetta permette di scegliere un embrione sano geneticamente compatibile con il familiare da curare. La decisione segue una sentenza della Corte d’appello di Londra che nel 2003 si era espressa in termini simili e che, per una famiglia in particolare, aveva rappresentato la speranza di un futuro migliore. I coniugi Hashmi si battono da cinque anni per trovare una cura per il figlio Zain, affetto da un raro disturbo sanguigno.
Il ricorso alla Camera dei Lord era stato presentato dal gruppo Comment on Reproductive Ethics, un’organizzazione contraria all’aborto e a ogni intervento genetico che ai giudici aveva chiesto di riesaminare la legge sull’Embriologia umana del 1990 e di decidere se la diagnosi basata sul Dna poteva essere dichiarata legale. Dopo la decisione della Corte d’Appello i coniugi avevano provato varie volte ad avere un altro figlio, un bimbo geneticamente in grado di salvare Zain con un trapianto di cellule staminali prelevate dal cordone ombelicale, ma senza riuscirci. Diversi aborti spontanei avevano messo fine al sogno. Se la Camera dei Lord avesse detto no, gli Hashmi sarebbero stati costretti a smettere di provare. Ieri, il sollievo: «Per noi la sentenza odierna segna l’inizio di una nuova era. Speriamo ora solo di riuscire ad ottenere ciò di cui Zain ha bisogno». Il bimbo al momento viene sottoposto a una trasfusione a settimana e, per dodici ore al giorno, quotidianamente, è attaccato a una flebo. La sentenza di ieri non equivale comunque a un via libera assoluto per la selezione genetica dei nascituri. L’utilizzo della tecnica è soggetto all’approvazione dell’Associazione per l’embriologia umana e la fecondazione assistita (HFEA), che al momento tratta ogni caso separatamente.