sabato 28 maggio 2005

Anselma Dell'Olio e altre "femminista" per il Sì

Corriere della Sera 28.5.05
IL DIBATTITO
Le femministe: la scienza ci fa paura ma scegliamo 4 sì
Alessandro Trocino

MILANO - «Vista l’ignoranza e il livello di propaganda che c’è in giro, non andrò neanche a votare». Un’eccezione, si dirà, quella di Anselma Dell’Olio , scrittrice femminista, nonché moglie di Giuliano Ferrara. Eppure, proprio ieri Letizia Paolozzi , sul quotidiano bertinottiano Liberazione , invitava caldamente le femministe «dissidenti» - «che diffidano di una scienza invasiva ed autoritaria» e «sentono il freddo alla schiena di fronte ai passi precipitosi del progresso» - ad andare comunque a votare. Perché, «come ha accennato l’ex ministro Urbani, possono votare scheda bianca». Un modo per non cancellare i propri dubbi nell’urna e sottrarsi «al gioco truccato» del mancato quorum. Un articolo indicativo del timore che tra le femministe possa esserci qualche defezione. Che le tecniche di fecondazione assistita, con tutto il loro portato di «riduzionismo biologico del corpo femminile», spaventino le femministe, è una sensazione diffusa. «Non siamo certo entusiaste del figlio ad ogni costo e della medicalizzazione - spiega Lidia Campagnano , dell’«Unione donne in Italia» - ma invitiamo a votare quattro sì per cancellare una legge offensiva, che individuando nell’embrione un soggetto di diritto, ha spezzato l’unità tra il corpo della donna e l’embrione». «Sono perplessa sull’onnipotenza della scienza - aggiunge Gabriella Gribaudo , storica del femminismo - e sappiamo bene che la paternità e l’identità incerta possono rappresentare un problema. Ma, prima di tutto, bisogna restituire alle donne il controllo del proprio corpo». D’accordo Carmen Leccardi , docente di Sociologia alla Bicocca: «Nessuno, se non la donna stessa, può decidere come quando e perché mettere al mondo un figlio». Ma questa è un’occasione per rimettersi in discussione: «Il femminismo degli anni ’70 aveva messo al centro una donna che vedeva nell’adesione ai ruoli materni tradizionali un limite alle possibilità di espressione - spiega la Leccardi -. Ora le cose sono cambiate, i dati sull’infertilità sono drammatici. Una volta fuori dalla pressione di una legge sbagliata, dobbiamo interrogarci sul significato della maternità».
Nell’ultimo numero di Carta , periodico vicino ai movimenti, Lidia Menapace e Giancarla Codrignani chiedono di votare sì, anche per il timore di aprire la strada alla revisione della 194 sull’aborto.
Più complessa l’opinione di Grazia Zuffa , psicologa e direttrice di Fuoriluogo : «Questa legge asseconda la reificazione della madre e sancisce simbolicamente un obbligo di maternità. Mettere al mondo significa molto di più che offrire un utero». La Zuffa sostiene quattro sì «anche perché l’illusione proibizionista è perniciosa e non funziona». Ma dopo sarà il caso di ridiscuterne: «Perché lo scenario tecnologico inquieta, soprattutto sul piano simbolico, e allontana la sessualità dalla procreazione: la tecnica fa scomparire i corpi».
Molto più drastica la Dell’Olio che se la prende con «il mammismo delle ignoranti femministe italiane», che tollerano «la medicalizzazione della maternità» e «non conoscono i risultati disastrosi dei bombardamenti ormonali». E aggiunge: «Noi femministe ci siamo battute perché non fosse necessario fare figli per essere donne. E ora dobbiamo lasciare che massacrino il nostro corpo per lucrare con il desiderio di maternità?».