martedì 31 maggio 2005

Bertinotti e il papa

La Stampa 31.5.05
IL SEGRETARIO DI RIFONDAZIONE: «INTERVENTO INOPPORTUNO»
Bertinotti: ha scelto di restare sul limite

ROMA. ONOREVOLE Bertinotti, l’intervento del Pontefice cambia qualcosa nel dibattito politico in vista del referendum. O no?
«A me pare che gli interventi vadano letti insieme, quello del Papa e del cardinale Ruini. Dico insieme, perché solo così si legge il senso dell’intervento della Chiesa nella vicenda referendaria attraverso una presa di posizione del Pontefice, diciamo tenuta sul limite... seppure con la forza e l’autorevolezza di un Pontefice... e che sebbene prevedibile, non poteva essere considerata scontata. Il carattere fortemente ecumenico della Chiesa poteva consentire la speranza di un non-intervento da parte del Pontefice».
Bertinotti, lei soppesa le parole. Ma c’è già chi grida allo scandalo.
«Naturalmente qui non si discute la legittimità di questo intervento, ma l’opportunità. E’ chiaro che il Capo della Chiesa può intervenire su tutte le questioni che abbiano a che fare con il vivere della Chiesa nel mondo contemporaneo. Ma la dimensione mondiale della Chiesa poteva lasciare sperare in una scelta di non-ingerenza. Non della Chiesa, bensì del suo massimo rappresentante. Mi spiego: la mia obiezione di opportunità è determinata dal carattere tutto particolare della figura del Pontefice».
Lei, però, non crede che abbia valicato la linea dell’ingerenza.
«Io dico: ha scelto di stare sul limite. Con un messaggio implicito, ma per nulla critpico per chiunque abbia conoscenza delle precedenti posizioni prese dal Pontefice. E il messaggio, una volta scelto di farlo, poteva tranquillamente fermarsi qua. Perché è chiaramente leggibile. Ripeto: sta sul limite. Non credo che gli si possa muovere un’obiezione di tipo istituzionale. Muoverei un’obiezione di opportunità per il contesto: il messaggio del Papa interviene indirettamente, ma inequivocabilmente nella scelta referendaria».
Ci sono appunto le parole di Ruini...
«Quello del cardinale Ruini è un intervento contestuale che, per il ruolo che interpreta e per la scelta dei tempi, è come se fosse (o si incaricasse) di tradurre in linguaggio esplicito ciò che era trattenuto e implicito nel Pontefice. Con questo uno-due, la posizione della Chiesa sul referendum diventa quella di una scelta diretta e attiva per l’astensione. Un intervento diretto e attivo con l’obiettivo di sconfiggere il referendum attraverso l’astensione. Del resto, mi pare che il cardinale dica: “astenetevi per non peggiorare la legge”. La cosa è abbastanza importante. Ricordo un articolo del cardinale Tettamanzi, apparso sull’Osservatore Romano di qualche giorno fa: citando san Tommaso d’Aquino, il cardinale ricordava che i cattolici non chiedono al diritto di identificarsi con la morale perché ciò produrrebbe mali maggiori. Ma, nella sua autonomia, il diritto non può contraddire la morale; i cattolici devono lavorare non perché la legge esprima il loro credo, ma perché rappresenti il male minore. E’ questa la posizione che risulta francamente molto preoccupante: la Chiesa si attribuisce la prerogativa di essere lei a misurare la compatibilità della legge con la morale. Non la sto accusando di Stato etico, ma di fissare lei la linea di confine e di chiamare i cattolici a difendere quel confine. E un’idea neoconfessionale dello Stato. Un’idea più raffinata di rapporto con la modernità dell’antica idea confessionale».
Significa che il diritto è costantemente in mora?
«No, perché c’è uno spazio di autonomia del diritto dalla morale. Anche loro sono avvertiti del pericolo dello Stato etico. Ma la via d’uscita non risolve la questione. Non riconosce l’autonomia della fondazione laica della legge da parte dello Stato e dunque del popolo. La richiesta di astensione da parte di Ruini è come l’erezione di un muro. Fissa il limite di incompatibilità con la morale. Ma siccome è definito dalla Chiesa è perciò anche indiscutibile».