martedì 31 maggio 2005

l'odio della chiesa per la libertà delle donne

L'Unità 31 Maggio 2005
DAL CREATORE
di Oreste Pivetta

«La legge non è obbligata a punire tutto, ma non può andare contro una legge più profonda e più augusta di ogni legge umana: la legge naturale, la quale è iscritta dal Creatore nel cuore dell’uomo come norma che la ragione discopre e si adopera a ben formulare, che bisogna costantemente sforzarsi a meglio comprendere, ma che è sempre male contraddire...». Stop. Se le cose stanno così, come spiegava il cardinal Seper a proposito di aborto durante la Sacra congregazione per la dottrina della Fede, il 18 novembre 1974, c’è poco da discutere. Dal Creatore alla Chiesa, dalla Chiesa allo Stato, che si deve adeguare. In realtà non c’è mai stato niente di chiaro. Il conflitto è secolare. Da Ambrogio, vescovo in Milano, a Teodosio.
Ne sapeva qualche cosa Dante, in Inghilterra la monarchia fece la sua Chiesa, la Rivoluzione francese cacciò il clero, Camillo Benso conte di Cavour inventò la formula «libera Chiesa in libero Stato»: lui il problema ce l’aveva in casa. Porta Pia fu uno scandalo indimenticabile: un secolo dopo alcuni radicali capeggiati da un giovane Marco Pannella deposero una corona di fiori presso la Breccia e vennero denunciati, sulla base di una legge fascista, poco naturale, che limitava la libertà di manifestazione. Interferenza, quasi una lunga mano concordataria, una sintesi legislativa, illuminata naturalmente dalla “legge naturale”.
Il dopoguerra italiano è una perfetta intesa tra una idea democristiana dello Stato e la Chiesa, tra la Dc di De Gasperi e i vescovi, tra il potere e le curie. Nel dicembre del ‘46 Pio XII, papa Pacelli, scese in campo, indicando il pericolo comunista. Nel 1949 con un decreto del Santo Uffizio scomunicò chi aderiva al partito comunista, malgrado Togliatti avesse accolto il Concordato fascista nella Costituzione, sentendosi al riparo grazie all’articolo 3 («Davanti alla legge pari dignità senza distinzione di religione...»), temendo soprattutto la divisione: «La classe operaia non vuole una scissione nel paese per motivi religiosi...». Approvato l’articolo 7 (i patti Lateranensi di Mussolini), il cardinal Ruffini chiese al ministero degli interni che il Pci fosse messo fuori legge.
Intanto scendevano in campo i baschi verdi di Luigi Gedda, che cantavano: «Siamo arditi della fede/ siamo araldi della croce/ siam un esercito all’altar». Poi verranno i Treni dell’Amicizia e la Peregrinatio Mariae, l'anno della Madonna (una cosa nuova, un’invenzione propagandistica). Si mobiliteranno parrocchie, case religiose, istituti di beneficenza, preti, insegnanti. Ad ogni angolo una madonna piangeva, «addolorata dalla belva comunista». Diventò difficile trovare un lavoro se si era contro o non si partecipava con solerzia.
Dalla radio cominciò a tuonare Padre Lombardi, con il suo "Microfono di Dio". Non contento di far arrivare la sua «voce dal cielo» lo si trovava in ogni piazza, contro i comunisti, «atei senza Cristo, senza anima, figli del demonio con le mani sporche di sangue».
L’Italia repubblicana cominciò così. La Dc vinse, poi perse e arrivò il centrosinistra che sperava d’inventarsi un paese diverso. La sinistra comunista cresceva e il Sessantotto rinfrescò l’aria, all’inizio diede una mano al laicismo, smontò tanti miti, contestò la famiglia, eccetera eccetera. Proprio in quegli anni maturò una legge, quella per il divorzio, che venne approvata nel 1970, quarant’anni dopo il Concordato, che aveva riconosciuto «al sacramento del matrimonio, disciplinato dal diritto canonico, gli effetti civili...». Passando il corteo nuziale tra le navate di una chiesa, il matrimonio diventava sacramento e quindi indissolubile. Nel 1974 il referendum bocciò la richiesta di abrogazione. Otto anni dopo il divorzio, fu votata in parlamento anche la legge sull’aborto, la famosa legge 194. Anche in questo caso si andò al referendum, nel 1981, poco dopo l’attentato a Giovanni Paolo II. Anzi due referendum: uno, cattolico, abrogativo della legge, l’altro, radicale, estensivo. Furono vistosamente respinti entrambi. Ma la Chiesa che alle sue origini non aveva condannato l’aborto (ancora al tempo di Agostino era consentito fino al terzo mese), non rinunciò mai alla sua battaglia. Ancora nel 1995 papa Woytila proclamò che «...nessuno può autorizzare l’uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia» e definì le leggi che autorizzano l’interruzione di gravidanza «del tutto prive di autentica validità giuridica». Qualcuno andò oltre: il cardinal Meisner definì l’aborto «un genocidio». Evocando Hitler. Come, più tardi, Ratzinger, ancora cardinale: «In un certo senso Hitler anticipò alcuni moderni sviluppi come la clonazione o la sperimentazione medica degli embrioni umani».