martedì 28 giugno 2005

a Roma: cento anni di cinema cinesegrazie a Marco Muller

Adnkronos 28.6.05
MOSTRE: ROMA, I CENTO ANNI DEL CINEMA CINESE AL VITTORIANO
ESPOSTI MANIFESTI CHE RACCONTANO VICENDE ARTISTICHE E SOCIALI

Roma, 28 giu. (Adnkronos Cultura) - In occasione dei festeggiamenti per il centenario del cinema cinese, il Complesso del Vittoriano di Roma ospita la mostra “Cento anni di cinema cinese 1905 – 2005. Ombre Elettriche”, a cura di Marco Müller, direttore della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica, e Alessandro Nicosia, presidente di Comunicare Organizzando. La storia del cinema orientale è narrata attraverso gli oltre 250 manifesti pubblicitari originali provenienti dall’archivio Nazionale del Cinema di Pechino e dallo “Shangay Film Group” di Shangay, che potranno essere ammirati da domani al 24 luglio, tutti i giorni, dalle ore 10 alle 19.

“Siamo molto orgogliosi di ospitare questa originale mostra al Complesso del Vittoriano – ha dichiarato Alessandro Nicosia, nel corso della conferenza stampa tenutasi oggi presso il Complesso del Vittoriano – per la quale abbiamo scelto il linguaggio del manifesto pubblicitario, con tutto il suo valore storico e sociale. Manifesti estremamente vitali questi del cinema cinese, che ben rispondono all’intento portato avanti dal Vittoriano: diffondere un messaggio culturale di alto valore artistico, ma sempre popolare”.

Cento anni di cinema cinese, dunque: una storia che inizia nel 1902, quando il cinematografo arriva a Pechino, e nel 1905, quando viene creata, nella stessa città, la prima sala cinematografica stabile, il Daguan Iou. Nel 1919, a Shangay viene costruito il primo teatro di posa che garantisce un ritmo regolare alla produzione, attingendo alle fonti della letteratura fantastica, dei romanzi cavallereschi, dei libretti di cantastorie e di teatro. La prima major è del 1922, la Mingxing, attraverso la quale la produzione si indirizza verso il rifacimento dei successi hollywoodiani, di derivazione letteraria o ispirati al teatro borghese. Nasce il film cinese “di cappa e spada”, o “dei cavalieri erranti”, come lo definisce Müller. Tra 1928 e 1931 esplode il genere “arti marziali”, un ibrido tra western, film del mistero, commedia sentimentale. Alla fine del 1932 si costituisce alla Mingxing un comitato di sviluppo delle sceneggiature che rispecchia la volontà del “gruppo cinema” del Partito Comunista, deciso ad impadronirsi di quella che veniva considerata “l’arma ideologica più acuminata”.

I film che si realizzano in questo periodo sono opere d’impianto naturalistico, che raccontano le contraddizioni degli strati più poveri della società cinese, sia in città che nelle campagne. L’occupazione militare nipponica, iniziata a Shangay nel 1937, genera invece film che fanno appello alla mobilitazione antigiapponese: film bellici o polizieschi che raccomandano la vigilanza contro spie e collaborazionisti. Con la Repubblica Popolare Cinese (1949 – 1965), uno dei primi gesti del nuovo governo in materia di politica cinematografica è quello di chiedere a produttori e registi un nuovo finale, teso verso un futuro radioso e ottimistico: il cinema deve assolvere ad una funzione pedagogica, tipica dell’arte di regime, illustrare il senso delle campagne politiche e mostrare alle nuove generazioni gli orrori degli anni della schiavitù. Il dettato maoista è imperativo. È negli anni Ottanta che i classici vengono riadattati e nasce la mitologia “kung-fu nazional-rivoluzionaria”, fino ad arrivare agli esperimenti delle ultime due generazioni di registi, le cosiddette “Quinta Generazione” e “Sesta generazione”.

Questa appassionante storia, e il suo intrecciarsi con le vicende culturali e politiche del paese e con il mutamento della società cinese, viene ricostruita attraverso i manifesti che tracciano le tappe fondamentali del cinema e dei suoi vari generi: dai film popolari ai film di guerra e di avventure partigiane, dai musical ai film di propaganda. Il manifesto, infatti, come prima forma di messaggio pubblicitario, assolve a diverse funzioni, permettendo di contestualizzare, attraverso immagini, colori e segni linguistici, momenti ed epoche precise. I manifesti, scelti personalmente da Marco Müller, colpiscono per la loro ricchezza pittorica, per la forza dei colori e quella interpretativa, mentre gli elementi estetici offrono uno straordinario quadro d’insieme che traccia i cento anni della storia che accompagna il cinema cinese, consentendo la lettura dei mutamenti recenti e contemporanei. “L’Italia è stata al centro della riscoperta del cinema cinese – ha dichiarato Marco Müller - a partire dalla grande retrospettiva torinese ‘Ombre elettriche’ del 1981 fino ad arrivare a oggi, con questo evento organizzato per festeggiare il centenario del cinema cinese. Il legame tra Italia e Cina, che sta dando risultati fruttuosi nel restauro della Grande Muraglia e della Città Proibita, prosegue idealmente nell’opera della Biennale di Venezia e della Mostra del Cinema che si stanno occupando del restauro di dodici capolavori della cinematografia cinese.”

Contemporaneamente alla mostra, il Nuovo Cinema Olimpia di Roma organizza la rassegna cinematografica che prevede la proiezione di film classici e recenti del cinema cinese. La rassegna cinematografica vedrà la proiezione di una ventina di film tra i capolavori più o meno noti della cinematografia cinese: si inizia domani con “Li Shizhen” di Shen Fu e si concluderà l’8 luglio con “L’Oriente è rosso” di Wang Ping, con un programma che prevede quattro proiezioni al giorno, a partire dalle ore 16.30 e che passa attraverso opere quali “Sbocciano i gelsomini” di Shou Yong, “Il borgo dell’ibisco” di Xie Jin, “Diciassette anni” di Zhang Yuan. Di sei tra i film proiettati, l’Istituto Luce ha acquistato i diritti per immetterli nel mercato in un prestigioso cofanetto che li ripropone nella versione originale sottotitolata e masterizzata per dare una grande lezione di cinema.