venerdì 30 settembre 2005

la Chiesa non paga l'ICI neppure per le sue attività commercialidi Maria Mantello

Dallo Stato italiano la Chiesa di soldi ne ha ricevuti sempre molti. Si pensi solo al meccanismo dell’8 per mille che per il 2005 arriverà a farle incassare un miliardo di euro. A tanta grazia, adesso, si dovrà anche aggiungere l’esenzione pressoché totale dal tributo ICI. Ai tradizionali immobili ecclesiastici destinati al culto e già esentati, infatti, si andranno ad aggiungere quelli in cui si svolgono anche attività di guadagno commerciale. L’esenzione dal pagamento dell’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI), infatti, “si intende applicabile anche nei casi di immobili utilizzati per le attività di assistenza e beneficenza, istruzione, educazione e cultura …. pur svolte in forma commerciale se connesse a finalita’ di religione o di culto”. Questo recita l’articolo 6 del decreto legge n. 163, del 17 agosto 2005. E si noti quel “pur svolte in forma commerciale”.
Il decreto, passato un po’ in sordina durante l’estate, troverà applicazione prossimamente.
Suo scopo principale era quello di trovare il modo di elargire altri finanziamenti indiretti alle scuole cattoliche, che -come noto- assimilano magistralmente finalità religiose ed attività commerciale. Il decreto 163, tuttavia, ha preferito muoversi in uno spirito più ecumenico. Così dell’esenzione ICI potranno beneficiare anche altri consistenti centri commerciali ecclesiastici: alberghi per i pellegrini, case editrici, librerie, centri di assistenza sanitaria….
Ma in omaggio alle finalità di una religione eterna e rivelata, quindi di là del tempo e dello spazio, si vuole che il decreto abbia almeno un certo valore retroattivo. Per il momento sembrerebbe che i Comuni debbano restituire alla Chiesa tutte le imposte ICI da questa erogate a far data dal 1993.
Con buona pace dei contribuenti laici, che l’ICI la hanno sempre pagata anche per la piccolissima abitazione gravata da mutuo, da pagare nel tempo e spazio storico della loro vita biologica.