martedì 27 settembre 2005

«Piero il pio»

il manifesto 27.9.05
Piero il pio
IDA DOMINIJANNI

Ruini non c'entra, sono stati i gesuiti a rafforzare la fede religiosa di Piero Fassino allevandoselo per nove anni in quel di Torino. La politica non c'entra, «la fede è un fatto personale e privato», per questo il segretario dei Ds non ne ha mai fatto professione pubblica, «perché sarebbe del tutto inopportuno e improprio». Però è alla radio, pubblica, che ora Fassino si confessa, rispondendo su fede e Pacs a Barbara Palombelli e avanzando l'idea che si possa fare «una equilibrata e giusta legge sulle coppie di fatto senza mettere in discussione la famiglia». I rutelliani Ccs al posto dei Pacs? E perché no, così anche le coppie di fatto resterebbero un problema privato senza rilevanza pubblica, come la fede di Fassino. I riti sono importanti per la politica laica né più né meno che per la religione. Periodicamente, i leader del principale partito della sinistra officiano messa variamente: vanno in visita dal papa con moglie e figli, dichiarano a Famiglia cristiana che la legge sull'aborto andrebbe un po' ritoccata, si rivelano credenti all'ora giusta. C'era una volta il dialogo fra comunisti e cattolici, ricorda sulla Stampa di ieri Pietro Ingrao, e c'è ancora, in posti seri come i seminari dai camaldolesi di Monte Giove dove si spacca il capello in quattro sulla politica della trascendenza e la trascendenza della politica. Troppa fatica: la genuflessione, l'ammiccamento, la conversione sono riti abbreviati che servono meglio alla bisogna. Che di questi tempi non è il dialogo con i cattolici, ma la rincorsa centrista al voto dei cattolici.

Il voto dei cattolici è in libera uscita nel mercatino politico bipolare dopo la fine dell'unità politica dei medesimi, che diversamente da quanto pensa Fassino aumenta, non diminuisce, l'influenza del Vaticano sull'elettorato, o almeno il suo protagonismo invadente. Monsignor Ruini impazza da mesi sulla scena politica italiana, ma Fassino, come pure Lucia Annunziata sempre sulla Stampa (di Torino), sostiene che è «infondato» parlare di ingerenza, perché è normale che la Cei abbia il suo punto di vista su questioni importanti come i Pacs. E certo che è normale. Ma non è normale che detti legge in materia di partecipazione al voto, come nel caso del referendum sulla procreazione assistita, e che esprima giudizi di costituzionalità delle leggi, come nel caso dei Pacs. In un paese normale, quello di dalemiana memoria, l'intero arco costituzionale, ammesso che ce ne sia ancora uno, si ribellerebbe a questa invasione di campo. In Italia invece il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga ricorda a Romano Prodi i suoi «doveri» verso «la Chiesa d'Italia», dimenticandosi che la pur timida riforma del Concordato di vent'anni fa ha cassato dall'ordinamento la religione di Stato.

Una buona legge sulle coppie di fatto non si può fare senza mettere in discussione l'idea monolitica e preistorica di famiglia che la morale cattolica ci vuole imporre con la connivenza del perbenismo politico di destra, di centro e di sinistra. Piero Fassino farebbe bene a prenderne atto, come avrebbe fatto bene a prendere atto che sulla fecondazione artificiale non si poteva vincere senza nominare la libertà procreativa. Ci sono questioni di civiltà che non si possono affrontare con la strategia della riduzione del danno, senza mai alzare il tiro sui valori di fondo e lasciandone il monopolio alla Chiesa. La libertà, in democrazia, è uno di questi valori di fondo, e prima la sinistra ricomincia a pronunciare questa parola obsoleta e tradita, prima la sdogana dal lessico di Ruini, Berlusconi, Fini e Marcello Pera. Fra gli altri fattori che influenzano il voto, il leader Ds cominci a valutare anche il senso di asfissia che prende donne e uomini di questo paese a sentir parlare della famiglia come di una gabbia certificata e santificata, e di democrazia come di un vaniloquente dialogo senza punti e senza differenze. Quando fischiare un cardinale è considerato pericoloso e permale più o meno quanto gettare una bomba, un paese normale e perbene deve cominciare a chiedersi se non sia diventato un paese stupido.

il manifesto 27.9.05
PIERO FASSINO
Fede «privata» resa pubblica
di COSIMO ROSSI

«Proprio perché si tratta di un fatto assolutamente personale, privato non ne ho mai fatto manifestazione pubblica o politica: perché sarebbe del tutto inopportuno e improprio, proprio per il rispetto che ho per la fede e le mie convinzioni». Non si spiega allora perché Piero Fassino senta il bisogno di rispondere ai microfoni di Radiodue: «Sono stato per nove anni allievo dei gesuiti a Torino e questo mi ha consentito di rafforzare la mia fede religiosa». Come per altro si era già saputo via Giuliano Ferrara. Lo stesso concetto, del resto, era stato usato dal leader Ds pochi anni or sono per ammansire il pubblico ciellino del meeting di Rimini, argomentando che questo faceva di lui un convinto assertore della funzione della scuola privata. Dovendosi oggi cimentare con la vigorosa ingerenza della Cei nella politica italiana, l'infanzia sui banchi dell'ordine con la spada torna perciò utile. A maggior ragione rispondendo ai microfoni di Barbara Palombelli, consorte del leader della Margherita Francesco Rutelli, con cui è convolata nuovamente a nozze secondo i sacramenti di santa romana chiesa dopo la dovuta conversione più volte pubblicizzata dal leader della Margherita.

Se la fede è cosa privata, altrettanto viene viziosamente utilizzata come pubblica virtù. Cosicché, se nella Spagna dei cattolicissimi Borbone il premier Zapatero laicizza istituzioni e forme della convivenza sociale, il percorso della politica italiana è inverso. Dietro lo scudo crociato, la Dc era meno subalterna ai vescovi di quanto non sia la politica odierna. Dopo Rutelli, dunque, Fassino. Del resto, se l'ex sindaco di Roma è obbligato a benedire l'accesso all'Unione del partito radicale ove ha svolto l'apprendistato politico, ci pensa la gran parte della Margherita ad associarsi al veto dell'Udeur. E la Quercia non si sporca troppo le mani in difesa dell'alleanza laico-radical-socialista che gode delle scomuniche pontificie: apprezza, ma preferirebbe nasconderla all'ombra delle sue fronde.

Dopo aver salutato nel papa Ratzinger la crociata contro il relativismo (intervista al Corsera), Fassino riconosce anche il diritto d'accesso alla tribuna elettorale per don Camillo Ruini. Libera chiesa in libero stato per il sabaudo Fassino si traduce ad esempio con il fatto che «sulle coppie di fatto va ascoltato e rispettato il punto di vista della chiesa, e al tempo stesso si deve dire con chiarezza che la funzione dello stato è diversa da quella di una fede, lo stato deve essere in grado di tutelare tutti i cittadini». Perciò i fischi a Ruini vanno comunque stigmatizzati. «Io considero infondato l'argomento secondo cui se Ruini parla di queste cose opera un'ingerenza, una invasione di campo - dice Fassino - È del tutto naturale che la chiesa esprima il proprio punto di vista su un tema così sensibile sul piano etico, morale, religioso come la famiglia o le coppie di fatto. Mi sarei sorpreso del contrario». Il leader Ds rivendica «la stessa legittimità» a dire la sua. Che del resto è calibrata sull'«adottare un'equilibrata e utile legislazione sulle coppie di fatto senza mettere in discussione il valore della famiglia». Senza perciò misurarsi con il fatto che i Pacs si fondano su un vincolo di natura sociale (perciò validi anche per chi non è legato sentimentalmente), mentre il tema posto dalla chiesa come da Zapatero riguarda in vero il riconoscimento dell'accesso al matrimonio per chi creda in quel vincolo puntualmente incensato da tutti.

Da un dio all'altro: «Prenderò anche la nuova Punto - rivela Fassino - Da quando ho la patente ho sempre viaggiato in Fiat».