mercoledì 28 aprile 2004

giustizia, un'anticipazione sul nuovo Codice Penale:i paradigmi di imputabilità e l'"infermità" mentale

Il Gazzettino 28.4.04 Mercoledì, 28 Aprile 2004

NEL NUOVO CODICE

Nordio: «L'infermità mentale da valutare caso per caso e da curare»

di Maria Pia Codato




Padova. Carlo Nordio, presidente della Commissione ministeriale per la riforma del Codice penale, incaricato di redigere il nuovo progetto, ha dato un'anticipazione sul testo che sarà discusso fra qualche giorno. L'occasione gli è stata offerta dal simposio organizzato (nell'archivio antico del Bo) dall'Università di Padova- Dipartimento di Psicologia generale - sul tema "I paradigmi dell'imputabilità alla luce anche delle nuove acquisizioni della neuropsicologia".«Bisogna innanzitutto premettere il concetto di "punizione". Esistono diverse teorie sul "perchè" si punisce: perchè è stato commesso un reato, al male deve seguire il male, al delitto l'espiazione; per dare un esempio di che cosa accade a chi viola la legge; perchè una persona capisca che ad un reato segue la pena; perchè possa emendarsi sia dal punto di vista morale che da quello sociale; per placare l'allarme sociale altrimenti i cittadini si fanno giustizia da soli. Queste teorie hanno una cosa in comune: presuppongono che vi sia nel soggetto la capacità d'intendere e di volere».Quando si pone, allora, il problema dell'impunibilità?

«Quando il soggetto, nell'attimo in cui compie un reato, non sa quello che fa e non può fare diversamente. In questo caso la punizione è ingiustificata dal punto di vista etico. Un tempo si ricorreva a misure di sicurezza, oggi a quelle di controllo, cura, sostegno. Il Codice Rocco del 1930, anche se è stato modificato in alcuni punti, è ancora attuale. Sostiene che se una persona ha commesso un reato grave e in quel momento era capace d'intendere e di volere è imputabile, altrimenti deve essere mandata in un manicomio, isolata dalla società perchè socialmente pericolosa. Questa rigorosità si è dissolta dalla separazione dei due giudizi: si ritiene che una persona possa essere incapace di intendere e di volere però non essere socialmente pericolosa. Di qui la necessità che il giudice accerti, caso per caso, se vi sia pericolosità sociale e infermità».

Termine, quest'ultimo, che gli psichiatri forensi vorrebbero fosse sostituito con formule alternative come, per esempio, "anomalia psichica", "disturbo psichico". Dottor Nordio, lei per quale ha optato?

«Mi sono attenuto al parere della Società italiana di medicina legale, di Criminologia e di Psichiatria forense le quali, all'unanimità, hanno indicato come unica espressione "infermità". Ho adottato questo termine, anche se un noto psichiatra forense sostiene che è improprio».

Il magistrato veneziano ha concluso sostenendo che la pericolosità di un individuo va valutata volta per volta, che l'infermità deve essere sempre messa in correlazione con il fatto compiuto e ha ribadito che si fa ricorso ad un sistema di controllo, di cura, di sostegno, avendo come obiettivo la guarigione e la rieducazione del soggetto.