giovedì 30 settembre 2004

mamme:la Sindrome di Munchausen per procura (MSbP)

Repubblica Salute 30.9.04

Io ti farò ammalare

La sindrome di Munchausen disordine mentale che colpisce le madri Raccontano storie fantastiche sui sintomi dei figli: arrivano a causare la morte del bambino

di Anna Maria Messa



La mamma è la mamma... nell'immaginario collettivo come nel vissuto personale. La persona che più di tutte ti vuole bene, al di là di dinamiche familiari che possono inquinare un rapporto così privilegiato.

"È il rapporto più importante per la crescita evolutiva dei figli. Altre forme sostitutive non funzionano, anche il rapporto psicoterapeutico può arrivare a riparare eventuali disfunzioni ma non riesce mai sostitutivo", conferma Marisa Malagoli Togliatti, ordinario di Psicodinamica dello Sviluppo e delle Relazioni Familiari all'università La Sapienza di Roma. Un legame di dedizione e cura che risalta quando il figlio è piccolo. Ma se l'attenzione si traduce in una continua richiesta di visite mediche del bimbo, di sempre nuove analisi, in un ossessivo vagare tra ospedali, pronto soccorsi, indagini, interventi chirurgici... scatta un campanello d'allarme: non è più premura, è la cosiddetta Sindrome di Munchausen per procura (MSbP), come l'ha definita nel 1977 il pediatra inglese Roy Meadow nel rapporto pubblicato su Lancet: "un bizzarro disordine mentale" per cui la madre simula la malattia del figlio, raccontando storie fantastiche su sintomi fittizi (che arriva anche a procurargli somministrandogli farmaci, lassativi e quant'altro) per ottenere trattamenti che chiariscano la malattia difficile da diagnosticare.

In realtà non c'è intenzione di nuocere ai figli ma estremo bisogno di protezione, di attenzione per sé. Raramente si tratta di donne con una vera e propria malattia mentale, dice la letteratura.

"In genere sono affette da Disturbo di Personalità Istrionico, Borderline, Passivo-Aggressivo, Narcisistico, Paranoide, combattono la sensazione interna di vuoto assumendo il ruolo di madre devota e pronta al sacrificio di sé per i figli colpiti da malattie rare, difficili da individuare: con l'ammirazione di conoscenti, medici e paramedici. La malattia del figlio serve a queste donne dall'Io fragile e dall'autostima malcerta per crearsi un personaggio, ottenere attenzione", scrive nel suo libro "Demoni del focolare" (Centro Scientifico Editore), Isabella Merzagora Betsos, direttore della Scuola Specializzazione di Criminologia Clinica dell'Università di Milano.

A volte lo sbocco di questo percorso drammatico è anche la morte del bambino. Come in uno dei casi riferiti dallo stesso Meadow.

La madre somministrava al piccolo Charles di 15 mesi dosi tossiche di sale, con conseguenti ricoveri del bimbo per improvvisi attacchi di vomito e forti livelli di sodio nel sangue ma alle analisi non risultavano evidenze patologiche. Quando tornava a casa i disturbi si ripetevano, fino a condurlo alla morte. Un'altra madre alterava le urine della figlia di pochi anni determinando valori inspiegabili agli esami clinici: la figlia fu sottoposta a 12 ricoveri ospedalieri, 7 accertamenti con raggi X, 6 esami in anestesia, 5 cistoscopie...

E c'è chi manomette cartelle e strumentazioni anche durante la degenza tanto che in alcuni ospedali americani e inglesi i reparti di neonatologia e terapia intensiva pediatrica sono stati dotati di telecamere a circuito chiuso.

"Sono casi rari ma ce ne sono. Come un'infermiera che lavorava coi diabetici e per prevenire il diabete iniettava l'insulina al figlio mandandolo in coma", racconta Catia Bufacchi, psicoterapeuta, referente Lazio CISMAI, Coordinamento Servizi contro il maltrattamento e abuso all'infanzia, e coordinatrice del Progetto Girasole dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù a Roma. "Spesso le donne fanno parte del personale paramedico o sono molto acculturate, piene di enciclopedie su cui documentarsi. Una madre anoressica dopo la nascita della figlia ha spostato la propria preoccupazione delirante della pericolosità del cibo sulla bimba e trasmesso la patologia, per procura. Oltre alle continue analisi voleva far mettere il sondino alla bimba di 15 mesi perché "non mangiava"... Storie che hanno bisogno di un intervento lungo e specialistico". Il medico deve però conoscere la sindrome per poterla riconoscere, altrimenti collude con la madre che ha capacità manipolatorie, tutt'altro che violenta o negligente come un genitore maltrattante.

"Bisogna fare attenzione ma non creare allarme", avverte Isabella Merzagora, "l'attuale sistema sanitario non lascia al medico il tempo per ascoltare: spesso è il redattore di richieste di accertamenti anche strumentali senza troppe verifiche". La sindrome è comunque un disagio della famiglia e dei singoli individui e delle relazioni, sottolinea Bufacchi. "Si vede subito il legame molto stretto tra madre e figlio, una simbiosi in cui la presenza paterna è emarginata perché il padre è troppo impegnato e il rapporto madre figlio diventa forte e incatenante. In genere c'è un conflitto di coppia negato, non riconosciuto", conclude la psicoterapeuta.