domenica 28 novembre 2004

Edipotra due mitologie

Repubblica edizione di Firenze 28.11.04

Domani a "Leggere per non dimenticare" l'incontro con il filologo classico e romanziere

Edipo dai Greci a Freud: che mito

Bettini: viviamo dentro due mitologie, dinamiche e conflittuali

Con Guidorizzi firma il terzo volume della collana

di BEATRICE MANETTI



I miti hanno le gambe lunghe. Forse perché non raccontano bugie, o se lo fanno ne inventano di sempre diverse, e sempre rivelatrici di noi a noi stessi. Lo sa bene Maurizio Bettini, filologo classico e romanziere (il suo Le coccinelle di Redrun ha appena vinto il premio Mondello), che dirige per Einaudi la collana «Mitologica», dedicata appunto alle metamorfosi e alla sopravvivenza dei miti dell´antichità. Insieme a Giulio Guidorizzi, Bettini firma il terzo volume della collana, Il mito di Edipo, che i due autori presentano domani (alle 17.30, Biblioteca Comunale di via S. Egidio 21) a «Leggere per non dimenticare».

Professor Bettini, nel corso dei secoli il mito di Edipo ha assunto significati diversi. Ma gli antichi Greci, i primi a confrontarcisi, che cosa ci vedevano?

«La storia di una creatura molto sfortunata, quasi il paradigma dell´uomo perseguitato dal destino, e però, contemporaneamente, anche quello dell'individuo colpevole, in una prospettiva culturale che non distingueva bene la responsabilità individuale dalla colpa. Del resto il mito di Edipo continua a dimostrare ancora oggi l'inadeguatezza di ogni categoria morale».

Nel Novecento, con Freud, tutto cambia.

«Freud dichiara di aver scoperto dentro ciascuno di noi un lato edipico, e quindi trova nel mito qualcosa che per lui rimanda al coraggio e alla libertà della Grecia: i Greci erano coraggiosi perché erano liberi, cioè non repressi, per questo ebbero il coraggio di trasformare in mito una pulsione presente in ciascun bambino. Ma la riflessione freudiana è tutta interna all'idea che la cultura tedesca tra Otto e Novecento aveva dell'antica Grecia, e che era un mito a sua volta».

Ma tutto il secolo breve è ossessionato dai miti classici. Da Joyce a Brecht a Pasolini, moltissimi artisti ne hanno subito la suggestione. A cosa si deve questa longevità?

«Credo dipenda dal fatto che la nostra cultura occidentale non ha una mitologia sola, ma due: quella cristiana, legata alla religione, e quella dell'antichità classica, con cui non ha mai perso il contatto. Questa compresenza, che è spesso conflittuale, ha impedito a entrambe di isterilirsi e ne ha favorito il dinamismo. In alcuni periodi prevale l'una, quella greca nel Settecento e nel Novecento, in altri periodi l´altra, come mi sembra stia succedendo adesso. Ma l'alternanza non finirà qui».