lunedì 28 febbraio 2005

fecondazione assistita

Corriere della Sera 28.2.05
«Quella foto e la mia vita tra le provette»
La biologa dell’immagine-simbolo del dibattito sulla fecondazione assistita
Enzo d’Errico

NAPOLI - Nessun figlio. Almeno finora. E, comunque, per scelta. Quella scelta che, invece, il destino ha negato alle centinaia e centinaia di donne che, in questi anni, sono venute a cercare l’ultima briciola di speranza nelle stanze del Centro Mediterraneo per la fecondazione assistita, dove Mirella Iaccarino lavora accanto al padre, Mariano, che dirige la struttura. D’accordo, vi starete chiedendo: ma chi è Mirella Iaccarino? E, soprattutto, perché dobbiamo ascoltare la sua storia? Il motivo è semplice: questa trentaduenne biologa napoletana, figlia di uno dei più noti ginecologi della città, è diventata suo malgrado il simbolo iconografico del dibattito etico-scientifico che sta lacerando il Paese e gli stessi schieramenti politici.
La sua immagine, scattata dal fotografo vesuviano Ciro Fusco, accompagna da settimane nelle pagine di tutti i giornali italiani le cronache sulla fecondazione assistita. E’ ritratta mentre lavora in sala operatoria ad un impianto di embrioni. I capelli sono raccolti in una piccola cuffia, ma il volto è in primo piano. Ecco perché tanti amici e colleghi l’hanno riconosciuta subito. «E ogni volta che quella foto viene pubblicata - aggiunge -, mi bersagliano di telefonate, dicendomi che sono diventata il simbolo di questa vicenda. All’inizio, pensavo che scherzassero, poi col passare del tempo mi sono accorta che facevano sul serio. Grazie al cielo, però, nessuno mi ha riconosciuta, a parte loro. Altrimenti... Beh, posso dirlo? Sono mostruosa in quello scatto... Non certo per colpa del fotografo: diciamo che la situazione non era fra le più indicate per un ritratto».
E giù un sorriso che mescola un pizzico di vanità femminile a una buona dose d’ironia, perché Mirella Iaccarino in questi otto anni spesi fra provette e congelatori ha imparato cos’è il tormento d’una donna che vuole diventare madre e non ci riesce, le sue angosce e le sue illusioni. E sa attutire col sorriso i piccoli inciampi della vita quotidiana.
«Ci sono stati dei momenti in cui avrei fatto volentieri a meno di vedere, sui giornali, la mia immagine associata a questioni come la clonazione e gli scambi di provetta, cose lontane anni luce dalla fecondazione assistita - spiega -. Io credo in questo lavoro, anche se non nascondo d’averlo scelto perché mio padre mi dava l’opportunità di farlo al meglio. Adesso, tuttavia, è una vera e propria passione: ho appena terminato all’università di Leeds il master di embriologia clinica. E lì nessuno sapeva chi fossi...».
Sta di fatto che fra pochi mesi anche Mirella Iaccarino, al pari degli altri italiani, dovrà decidere come rispondere ai quesiti referendari sulla legge che regolamenta le nascite in provetta. E sarebbe davvero singolare se lei, che bene o male è diventata il simbolo iconografico di questa discussione, si ritrovasse a difendere... «Difendere cosa? - sbotta -. Per me, già i referendum rappresentano un compromesso, figuriamoci se potrei sposare una sola delle tesi contenute dentro quella normativa. Anzi, lo dico chiaro e tondo: ero e rimango per l’abrogazione totale. Sia chiaro: una regolamentazione è necessaria, se vogliamo evitare che le donne cadano nelle mani d’imbroglioni e speculatori. Ma il punto è che una legge dovrebbe garantire standard di qualità ed efficienza nelle strutture sanitarie del settore, non imporre vincoli legati esclusivamente alla morale cattolica».
Mica vorrà liquidare così i dubbi della Chiesa e di chi s’appella alla sacralità dell’embrione come primo germoglio della vita. «I dati scientifici dimostrano che non c’è corrispondenza fra embrione e persona - ribatte Mirella Iaccarino -. Se è vero, infatti, che ogni persona era un embrione, non è vero che ogni embrione diventa una persona. Soltanto il venti per cento di essi attecchisce nell’utero, dunque di cosa parliamo? Lo ripeto: al punto in cui siamo, ben vengano i referendum, così almeno potremo cancellare i quattro punti fondamentali di questa orrenda legge. Per quanto mi riguarda, farò il possibile affinché la gente vada alle urne e vincano i sì. Dite che la mia foto sui giornali è il simbolo di questa contesa? Allora spero che serva a qualcosa e sono pronta a fare la campagna referendaria in prima fila. Già adesso, quando è possibile, ne parlo con le mie pazienti, cercando di spiegare quante informazioni sbagliate vengono contrabbandate come autentiche pur d’impedire che la scienza vada avanti e aiuti a risolvere piccole e grandi tragedie familiari».
Del resto, secondo la biologa napoletana, la nuova legge sta già producendo i suoi effetti. «Abbiamo una drastica riduzione del tasso di gravidanza assistita nelle pazienti oltre i trentacinque anni - racconta -. Al contrario, aumenta notevolmente il numero delle gestazioni gemellari nelle più giovani. Io sono sposata e finora non ho voluto figli. La mia, però, è stata una scelta. Per queste donne, invece no. E nessuno può togliere loro il diritto di provare a diventare madri. Come hanno sempre sognato».