lunedì 28 febbraio 2005

storiala Russia

Corriere della Sera 28.2.05
La lunga linea rossa, da Ivan il Terribile a Putin

C’è una lunga linea rossa che percorre tutta la storia della Russia, dalla Russia di Kiev a quella di Mosca, da Ivan il Terribile a Pietro il Grande, dalla Grande Caterina a Nicola II, da Stalin a Gorbaciov. Questa costante, indipendentemente da chi era al potere, ma che il potere ha caratterizzato come in nessun altro Paese al mondo, si chiama autocrazia, il potere legibus solutus, al di sopra e al di fuori della legge, di un autocrate, fosse esso lo zar o il Partito comunista. Un potere che è la negazione stessa della democrazia e dello Stato di diritto e della rule of law, il «governo della legge». In Russia - con la sola, pallida eccezione, forse, dell’ultima stagione dell’impero zarista, prima della Rivoluzione d’Ottobre - ha costantemente governato l’arbitrio, e quando al volere dell’autocrate è subentrata una parvenza di legalità, secondo teoria e prassi giuspositivista, quest’ultima non è mai stata sorretta dal principio di legittimità, della «legge giusta», cioè dal rispetto dei diritti individuali, secondo teoria e prassi giusnaturalista propria dei Paesi di grande tradizione liberale e democratica.
La Russia non ha mai vissuto le guerre di religione, che hanno dilaniato il resto dell’Europa fino alla pace di Westfalia (1648), che ad esse avrebbe posto fine con la nascita del concetto di sovranità, ma che sono state contemporaneamente la premessa storica e politica della libertà di coscienza. Non ha vissuto l’Illuminismo, con la sua componente razionalistica e con il suo culto della tolleranza, premessa della grande rivoluzione francese del 1789, della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e della democrazia.
Dell’Illuminismo la Russia ha colto, se mai, l’aspetto antidemocratico e elitistico della seconda parte della grande rivoluzione, quella del giacobinismo e del Terrore trionfanti, primogenitori del leninismo e della presunzione deterministica marxiana di poter interpretare il corso della storia e di prevederne gli inevitabili esiti. Infine, la Russia non ha conosciuto la rivoluzione industriale, progenitrice del moderno capitalismo e del primo embrione di globalizzazione, ma anche del sindacalismo e del socialismo democratico, dei diritti dei lavoratori.
È in tale contesto socio-culturale e socio-politico che si è sviluppata, manifestata e maturata la seconda costante della Russia zarista, dell’Unione Sovietica, poi, che ancora informa e condiziona la politica estera della Russia post-sovietica: il panslavismo, espressione diretta del «complesso dell’accerchiamento» di cui hanno sofferto tutti i suoi governanti. L’immenso territorio sul quale si è estesa la Russia di sempre, per un terzo europea e due terzi asiatica, ha generato quasi inevitabilmente e inesorabilmente nelle sue popolazioni la sensazione di essere costantemente esposte a una possibile aggressione attraverso confini che, per la loro lunghezza e la loro distanza dal centro politico del Paese, sono stati sempre percepiti, sia dall’interno, sia dall’esterno, come «aperti» all’invasione. La paura ha generato una forte tendenza espansionistica, che, provocando a sua volta la reazione dei vicini, ha alimentato, come in un circolo vizioso, nuove paure nei russi. Il panslavismo ha assunto, pertanto, due forme, l’una - diremmo - europea, l’altra asiatica. La prima, si è caratterizzata come «estroversione», cioè come desiderio di integrazione nella cultura e nella società occidentali e europee. La seconda, come «introversione», cioè come volontà di separatezza asiatica. Ivan fu un panslavista della seconda specie e così fu Stalin; Pietro lo fu della prima specie e così lo è stato Gorbaciov e, entro certi limiti, lo è Putin.
Questa è, dunque, la Storia della Russia di Nicholas V. Riasanovsky, fino al 1983, integrata e aggiornata da Sergio Romano con un ultimo capitolo su quella contemporanea, dal 1983 ai giorni nostri, che il Corriere della Sera offre ai suoi lettori. Una lettura utile non solo a comprendere il passato di un grande Paese, con il quale l’Europa ha sempre dovuto e ancora deve fare i conti, ma anche il futuro del mondo intero.

L’opera: oggi in edicola con il «Corriere della Sera» esce «Storia della Russia» di Nicholas V. Riasanovsky integrato da un capitolo di Sergio Romano sulla Russia contemporanea e con una prefazione di Vittorio Strada. È il 27° volume della Storia Universale, in vendita a 12,90 oltre al prezzo del quotidiano