giovedì 31 marzo 2005

depressione

Brescia Oggi 31 Marzo 2005
LO PSICHIATRA
Sacchetti: «Corrono rischi anche le persone apparentemente sane»
li.ce.

«La depressione e la tendenza al suicidio sono fenomeni importanti nell’anziano, ma non particolari: dai dati della letteratura emerge come l’incidenza dei disturbi depressivi nella terza e quarta età sia elevata, ma non più alta di quella riscontrabile in età adulta». Partendo da questa premessa il professor Emilio Sacchetti, ordinario di Psichiatria alla Facoltà di Medicina dell’Università di Brescia e direttore del Dipartimento di Salute mentale degli Spedali Civili, spiega i perché del fenomeno depressivo, con particolare attenzione all’età anziana.
Quali fattori possono rappresentare un campanello d’allarme per propositi suicidi negli anziani?
«Già la condizione depressiva di per sé incrementa di 5-10 volte il rischio di suicidarsi. Se a essa si aggiungono le forme con sintomi deliranti e psicotici, che spesso interessano la popolazione anziana, il rischio si innalza ulteriormente di 5-10 volte. Da ciò è facile capire l’alta diffusione del rischio fra gli anziani - in particolare i maschi, il cui tasso di suicidi è più alto che nelle femmine -, spesso affetti da molte altre patologie di tipo organico, come quelle cardiovascolari o degenerative, le quali non fanno altro che complicare il quadro d’insieme».
Sono a rischio solo gli anziani malati e /o depressi?
«No, si possono togliere la vita anche persone apparentemente sane dal punto di vista mentale. Suicidi definiti “a ciel sereno” accadono a persone che non hanno un’etichetta definita né a priori né a posteriori. Si tratta di eventi scatenati dall’interazione fra diversi fattori di rischio, in cui possono incidere agenti stressanti molto acuti di origine esterna. Ci può essere l’interazione fra molteplici variabili stressanti, come un grosso abbandono, la perdita di contatti sociali e di relazioni, la privazione di punti di riferimento, un sentimento di inutilità, la sensazione di essere abbandonati a sé stessi, di non avere più risorse».
Sta delineando quella che viene percepita come la condizione più diffusa dell’anziano di oggi...
«Certo la tendenza verso un incremento delle aspettative di vita e dell’effettiva sopravvivenza ci pone davanti a problemi drammatici, che prima non erano nemmeno considerati: non a caso si ritiene che negli anni, e con l’invecchiamento della popolazione, la depressione diverrà la seconda causa generale di disabilità. Un fenomeno finora non molto studiato, se è vero che degli ultraottantacinquenni si sa ancora poco».
Com’è possibile porre rimedio alla deriva depressiva e al disagio sempre più avvertito dalla terza età?
«È fondamentale che l’anziano sia tenuto in un ambiente empaticamente caldo e ricco di stimoli, in cui possa percepire il senso di una presenza, riconoscendo in sé un’utilità ancora presente. Questo richiede uno sforzo educativo che deve coinvolgere la comunità e la gente che la abita in un atteggiamento diverso, più accogliente nei confronti della vecchiaia. Creare bellissimi dormitori con menù prelibati, per lasciare poi l’anziano nella solitudine del proprio perimetro esistenziale, non vuol dire affrontare il problema».