mercoledì 27 luglio 2005

"LA REPUBBLICA" DEL 27.7

Repubblica 27.7.05
Prodi presenta "Il progetto per l'Italia": diventerà un programma di legislatura che impegnerà tutti
"Successo se supererò il 12%"
Bertinotti lancia la campagna per le primarie dell'Unione
(f.b.)

ROMA - Sono tanti, almeno trecento. Ascoltano per un´ora e mezza il verbo di Fausto dagli schermi allestiti fuori dalla libreria "Amore e Psiche". Applaudono, esultano, ridono e si beano delle citazioni di Rosa Luxemburg, Constantinos Kavafis, Walter Benjamin. Tanto che il loro "guru", lo psicanalista Massimo Fagioli, al termine dell´incontro sussurra in un orecchio a Bertinotti: «Ho tentato di conquistarli in tanti anni, ma ora sono tutti tuoi...». E´ la presentazione della candidatura di Fausto Bertinotti alle primarie dell´Unione, un evento cultural-mondano che richiama centinaia di ammiratori e (soprattutto) di "fagiolini" nella libreria di riferimento, a due passi dal Pantheon. L´apertura di una campagna di comunicazione aggressiva, curata dall´agenzia Proforma - la stessa che portò Niki Vendola alla vittoria in Puglia -, centrata su uno slogan molto semplice: «Voglio». Cosa? Ciascuno potrà suggerirlo nei post-it virtuali sul sito www. faustobertinotti.it, per dar vita a un collage di desideri da trasformare in programma elettorale.
L´obiettivo, spiega il segretario di Rifondazione, è quello di superare il 12 per cento di voti: «Considerando solo gli elettori dell´Unione, il 6% di Rifondazione vale il doppio. Quindi sotto il 12% si è sconfitti, arrivare al 12% significa prendere i tuoi, sopra il 12% è andata bene. Sopra il 50% si vince». L´ambizione del leader del Prc non arriva a tanto ed egli stesso ammette che a vedere scritto "Bertinotti presidente" sui volantini gli «scappa da ridere». Il traguardo è infatti un altro: «Dimostrare che l´Unione, come accaduto in Puglia, può essere guidata da un uomo o una donna di sinistra. E poi, far crescere un popolo di sinistra nel più grande popolo dell´Unione, far uscire questo popolo di sinistra dallo stato di minorità in cui finora è stato tenuto».
Impegni pesanti, per raggiungere i quali Bertinotti lancia alcuni temi capaci di solleticare il «popolo della sinistra»: anzitutto la pace, la lotta alla precarietà, l´abrogazione della legge-Biagi, della riforma Moratti e della Bossi-Fini sull´immigrazione. Oltre a questo il segretario comunista propone, «la restituzione del maltolto», ovvero «la sottrazione al mercato di alcuni beni comuni inalienabili», come l´acqua e la casa.
L´intera impostazione programmatica risente di una sorta di «messianesimo» politico («conta il tempo che resta, non quello che viviamo»), nella convinzione che «il tema della felicità non può essere espunto dalla politica» e che «la politica si è attorcigliata su se stessa, riducendosi a governabilità». Il segretario tuttavia non pone aut-aut agli alleati: «Quelli che propongo, a parte il rifiuto della guerra, non sono punti irrinunciabili. Il nostro scopo è la ricerca di un´intesa nell´Unione». Una cosa però Bertinotti ci tiene a chiarirla, ovvero che il vincitore delle primarie non potrà avere carta bianca sul programma: «Capisco che ci sia una pressione per risolvere con un colpo di scure questioni complicate, ma il programma si deciderà tutti insieme». Un piccolo risultato simbolico Bertinotti intanto l´ha già portato a casa. La folla assiepata di fronte alla libreria "Amore e Psiche" ha impedito ieri il transito della Lancia Thesis di Massimo D´Alema, costringendo il presidente dei Ds a scendere dall´auto e proseguire a piedi.
Romano Prodi ha annunciato invece che aprirà la sua campagna domani a Reggio Emilia. Ieri il leader dell´Unione ha presentato il "Progetto per l´Italia", la «carta d´identità» della coalizione (in otto capitoli) che dovrà essere sottoscritta da chi vorrà votare alle primarie.

Repubblica 27.7.05
IL PERSONAGGIO
Il lancio della candidatura nella libreria dello psicanalista Fagioli tra gli applausi di militanti e fan
Fausto abbraccia il Guru e s'affida alla Provvidenza rossa
Per il leader del Prc una grande cornice mediatica: il rituale di applausi, grida festose e foto scattate con i telefonini
Adorato dalle signore dei salotti
Dice di lui Suni Agnelli: "Si ama la politica e si finisce per innamorarsi di Bertinotti"

Filippo Ceccarelli


Dio li fa e poi li accoppia. Anche applicato a non credenti, o a persone «in ricerca», come potrebbero essere l´onorevole Fausto Bertinotti e il professor Massimo Fagioli, il vecchio proverbio non solo conferma la propria inesorabile certezza, ma si preoccupa pure di gestire l´accoppiamento, lo rende visibile, gli dà una cornice mediatica, gli monta attorno un rituale fatto di applausi, grida festose e foto scattate con i telefonini tanto dai rifondatori quanto dalla gran massa dei «fagiolini», come ormai da un quarto di secolo vengono chiamati nella sinistra romana i seguaci di Fagioli.
Con il che si va ad allestire la scena, usciti sgocciolanti come sommergibilisti dalla libreria-sauna "Amore e Psiche", sotto lo schioppo del sole, il Leader e lo Psicoterapeuta si abbracciano. Una, due volte, per la comodità dei fotografi. I vigili urbani hanno addirittura chiuso la strada. Bertinotti è pelato e indossa un abito chiaro, Fagioli ha una chioma fluente, autorevole, ma è vestito più sciolto, una camicia azzurra e occhiali da sole un po´ cattivi.
Le lingue lunghe della politica dicono che c´è lui, già guru di Marco Bellocchio, dietro la svolta neo-esistenzialista e non violenta di Bertinotti, e la riprova starebbe nel fatto che per lanciare - con accaldata scomodità, invero - la sua candidatura alle primarie, abbia scelto proprio quella libreria che Fagioli, cui i fans attribuiscono un genio quasi leonardesco, ha addirittura progettato e realizzato con archi e scale in legno chiaro, piuttosto elegante.
Fagioli, infatti, è un guru, un classico guru. Giovane e luminosa promessa della psicanalisi freudiana, già negli anni sessanta ne scosse le fondamenta guadagnandosi la disagevole, ma esaltante fama di eretico, che in seguito estese anche al marxismo. Fu scacciato dalla Spi e malvisto dall´ortodossia comunista, ma dalla sua aveva esperienza, fascino e carisma. Fece ricerca per conto suo, alla metà degli anni settanta ebbe un successo travolgente tra i giovani di sinistra, molti in via di disperato disincanto, che lo inseguivano in cliniche psichiatriche, università e conventi occupati, a migliaia, per farsi interpretare i sogni.
Era l´Analisi Collettiva, o psicoterapia di folla (gratuita, comunque), in pratica l´evoluzione dell´assemblea in senso introspettivo. I «fagiolini», imploranti, alzavano la mano e il Maestro sceglieva a quale domanda dare corso. Per dire il successo di quelle atmosfere, a un certo punto venne fuori pure una radio «fagiolina», con conferenze e telefonate in diretta. Arrivò la gloria, naturalmente, ma anche una stagione di polemiche. Ai tempi de «Il diavolo in corpo» Bellocchio fu duramente contestato dal produttore perché si portava Fagioli sempre sul set, come regista del regista, lasciandogli mettere bocca anche sul montaggio.
Vera, falsa o enfatizzata che fosse, la venerazione di parecchi pazienti, pure ribattezzata «massimo-dipendenza», finì per alimentare attorno a Fagioli e ai suoi fans una qualche sulfurea nomea di setta. Ma di tutto, com´è noto, i guru possono preoccuparsi, meno che di quella. Così, nel tempo, il Maestro ha continuato a scrivere sceneggiature per Bellocchio, come pure ha seguitato adoratissimo a guarire, a insegnare, a editare pubblicazioni, a disegnare mobili e ispirare architetti; si è pure fatto celebrare in un paio di convegni, uno dei quali divenuto autocentrico documentario; quindi ha girato un film tutto suo, «Il cielo della luna», per il quale ha scelto le musiche e recitato la parte di un barbone, per quanto muto, lasciando il ruolo dei protagonisti a due «fagiolini». E infine - qui viene il bello - Massimo Fagioli ha incontrato Bertinotti.
Il bello sta nella fantastica circostanza che anche Bertinotti è un po´ un guru. Certo: rispetto allo psicanalista se lo può permettere di meno, con sei correnti, tre solo trotzkiste, nel suo partito. C´è però da dire che «il Grande Fausto», come l´ha chiamato Liberazione il giorno del suo compleanno, è un santone a suo modo poliedrico, un seduttore adattabile, un poetico cacciatore di anime che sa sempre cogliere il momento.
Così, più che con gli impervi trotzkisti, vale la pena di vederlo all´opera nella sua intensa vita mondana: cortese, elegante, telegenico, pacato, con tanto di erre moscia e civettuola bustina portaocchiali. Come tale invitatissimo «prezzemolino», insieme con la simpatica moglie signora Lella, record di presenze a Porta a porta, premio Oscar del Riformista: «Si ama la politica - ha detto di recente Suni Agnelli - e si finisce per innamorarsi per Bertinotti».
Le signore, specie quelle dei salotti-spettacolo di una Roma al tempo stesso prestigiosa e sgangheratissima, vanno pazze per lui: e lui lo sa. E non c´è niente di male, non è reato frequentarle, tantomeno è peccato ritrovarsi con i reduci del Grande Fratello. E´ solo un po´ buffo, o surreale, o straniante, come in un film di Bunuel, veder così spesso Bertinotti in foto al fianco di Donna Assunta Almirante, o a Maria Pia Dell´Utri, sorridente con Valeriona Marini, Cecchi Gori, Romiti, Sgarbi e Marione D´Urso; oppure intervistato sulla fede da don Santino Spartià, comunque assiduo a casa Suspisio, immancabile a villa «La Furibonda» di Marisela Federici. E insomma tutto bene, ci mancherebbe altro, però il giorno dopo è curioso sentirlo parlare del «popolo», parola desueta, parola potente. Chissà se il popolo si divertirebbe pure lui a «La Furibonda» o a «La Città del Gusto».
Ad "Amore e Psiche", intanto, lo Psicologo è rimasto nobilmente in platea a fare sì-sì con la testa non appena il Politico dava segno di aver assorbito un linguaggio che si nutre ormai di «felicità», «premonizione», «desiderio», «promessa», «liberazione», «attesa». A un dato momento, deposti i vecchi attrezzi lessicali vetero-marxisti, Bertinotti ha pure invocato la «Provvidenza rossa». Fuori, dietro le vetrine, la gran massa degli adepti animava la strada con sorrisi e applausi. Dopo l´abbraccio, c´è il tempo per un´ultima domanda, con la speranza che non suoni troppo indisponente: «Scusi, Fagioli, ma chi è più guru: lei o Bertinotti?». E il Maestro, senza fare una piega: «E´ più guru Bertinotti». Ma forse, per una risposta più articolata, potrebbe non bastare un seminario.