mercoledì 27 luglio 2005

SUL "CORSERA" DI OGGI

Corriere della Sera 27.7.05
Niente bandiere rosse ma post-it
Con Fausto l’«eretico» Fagioli
Fabrizio Roncone


ROMA - Questa bisogna raccontarla dalla fine, da quando Fausto Bertinotti esce fuori a benedire la folla - «inattesa, giuro: inattesa» - dei militanti che hanno ascoltato e visto sui megaschermi, certi pure davvero in ginocchio, sui sampietrini di piazza della Minerva, nel catino di umidità e passione politica che avrebbe stroncato chiunque ma non loro, nelle due ore che il segretario di Rifondazione comunista s’è preso per spiegare a tutti la sua candidatura alle primarie dell’Unione. Bertinotti con la cravatta slacciata, con la camicia zuppa di sudore eppure sempre molto sicuro, non stanco, sempre molto sorridente e con accanto addirittura Massimo Fagioli, psicanalista eretico e discusso, affascinante, provocatorio e misterioso: uno che negli anni Settanta seppe intercettare le disperazioni di molti studenti e intellettuali delusi dai sogni rivoluzionari, uno che dopo aver invitato a smascherare «quell’imbecille chiamato Freud», adesso, sulla porta della libreria «Amore e Psiche», da lui ideata e voluta tra questi vicoli del centro storico, sorride alla folla e urla: «Votatelo! È vostro!».
La folla, che ha costretto i vigili urbani a una chiusura imprevista del traffico, ondeggia: ci sono fischi di euforia e grida di evviva, anche se si nota - e certo la noterà pure lo stesso segretario - l’assenza di pugni chiusi, di bandiere rosse e insomma di quell’atmosfera tipica di certe riunioni della base di Rifondazione. Lo sguardo scorre sui ranghi delle signore abbronzate e così, nel piccolo trionfo di camicie di lino e Lacoste scolorite, sembra di intuire che a questa «festa di candidatura comunista» sia presente anche buona parte del popolo girotondino orfano di Nanni Moretti.
Per questo è stato opportuno cominciare dalla scena finale: per capire meglio certi calcoli, non casualmente ottimistici, di Bertinotti. «Come finiranno le primarie? Sotto il 12%, mi sentirei sconfitto. Sopra il 50%? Beh, avrei vinto». Tutti però capiscono che lui, a vincere, non ci pensa per niente e invece è forse a un 20% pieno, che mira. E ci mira ignorando gli altri candidati e sfoggiando un’idea mediatica sorprendente: Bertinotti chiama ciascun elettore a riempire il vuoto che c’è su ognuno dei due milioni di post-it - i foglietti adesivi gialli che vengono comunemente usati per prendere appunti - che verranno distribuiti e sui quali c’è scritto: «Voglio». Campagna elettorale senza tanti comizi e con la richiesta di frequentare il sito www.faustobertinotti.it. Gestisce l’agenzia Pro-forma. Il direttore creativo, Giovanni Sasso: «Abbiamo già fatto vincere Vendola in Puglia...».
Aggressivi, positivi e giovani. Nessun volto antico neppure in platea, se si escludono quelli autorevoli di Giulia Ingrao, sorella di Pietro, e del regista Citto Maselli. Bertinotti dice che con Prodi «non ci sono problemi: come lui sa, le primarie influenzeranno il programma dell’Unione, ma certo non lo faranno».
Altri applausi e Darwin Pastorin, il giornalista sportivo chiamato a moderare la conferenza stampa, chiude come aveva iniziato: «Fausto continua a sembrarmi Obdulio Varela». Questo Varela era il capitano dell’Uruguay, ai mondiali di calcio del 1950. Il giorno che dovettero giocarsela con il Brasile, con un Brasile pazzesco, davanti a centomila tifosi nello stadio Maracanà di Rio de Janeiro, fu appunto Varela a decidere di provarci. «Siamo meno forti, ma possiamo vincere». Vinsero 2 a 1.